«…Di
fronte agli accenti polemici di chi lamenta la sparizione di un presunto “senso
del mistero”, occorre ribadire che esso non può essere confinato in una fase
evolutiva del rito romano e tanto meno in quegli aspetti che tendono piuttosto
a occultare che a mostrare, ma è dato e mediato dalla partecipazione alle
modalità “linguistiche” proprie del rito. A consentire la genuina percezione
dell’ineffabile è la sequela docile della logica rituale, delle sue leggi e dei
suoi ritmi, di ciò che appare e ciò che si nasconde, di ciò che avvicina e di
ciò che pudicamente fa prendere le distanze. È così che la liturgia riesce ad
avvolgere di mistero le esistenze, a fecondarle e a rilanciarle nei percorsi
della storia per la testimonianza […]
Possedere
il “senso del mistero” significa trovare se stessi nella vicenda salvifica di
Gesù Cristo, dando e ricevendo la forma della fede, gustando la misericordia di
Dio, maturando nel cammino dell’adesione al Signore. Non, dunque, una sorta di
spettacolo da ammirare, possibilmente oscuro e indecifrabile, ma autentica
partecipazione alla Pasqua di Cristo…»
(Loris
Della Pietra, Una Chiesa che celebra,
Messaggero, Padova 2017, pp. 57-58)