In Oriente, secondo le più comuni ricostruzioni, l’affermazione della confessione privata si colloca tra i secoli VIII e IX, in connessione con la crisi iconoclastica, e nelle sue origini è legata all’affermazione della spiritualità monastica.
Il ricorso ai monaci per la confessione dei peccati andò via via diffondendosi, e innumerevoli testimonianze possono portarsi in questo senso. A quanto pare, almeno nel secolo IX non si avevano generalmente dubbi sulla efficacia sacramentale della confessione fatta ai monaci. Nella prassi sappiamo che tale confessione era fatta dai fedeli non solo agli ieromonaci, cioè quelli che avevano ricevuto la ordinazione sacerdotale, ma anche ai monaci non ordinati. Le cause di questa diffusione, e della rapida autorevolezza acquisita dai monaci, sono viste da taluni nella scarsità e nell’assenza di presbiteri penitenzieri tra il clero secolare, da altri, per un periodo successivo, nell’azione monastica di difesa della fede cattolica contro il clero iconoclasta. Ma, soprattutto, al fondo di questo movimento sta il riconoscimento delle peculiari doti spirituali dei monaci, della loro tensione alla perfezione che ne fa, appunto, degli uomini e dei padri spirituali, a differenza dei sacerdoti secolari, i quali nella comune considerazione erano chiamati ‘laici’.
Fonte:
Lorenzo Lorusso, Prassi penitenziale in
Occidente e Oriente: Dalla penitenza pubblica alla penitenza privata, in Manlio
Sodi – Alessandro Saraco (edd.), “Penitenza e Penitenzieria nel ‘secolo’ del
Concilio di Trento. Prassi e dottrine in un mondo più largo” (1517-1614), Libreria Editrice
Vaticana, Città del Vaticano 2016, pp.34-35.