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venerdì 14 settembre 2018

DOMENICA XXIV DEL TEMPO ORDINARIO ( B ) – 16 Settembre 2018






Is 50,5-9°; Sal 114 (116); Gc 2,14-18; Mc 8,27-35



Il messaggio di questa domenica lo possiamo riassumere con le parole di san Paolo, riproposte dal canto al Vangelo: “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (cf. Gal 6,14). Ciò che per l’apostolo Paolo è un motivo di vanto e di gloria, è stato un tempo per san Pietro motivo di scandalo. Infatti, nel brano evangelico odierno vediamo come dinanzi alle parole di Gesù che annuncia il destino di sofferenza e di morte che lo attende, Pietro non accetta che questa sia la sorte del Messia e cerca in ogni modo di dissuaderlo dall’abbracciare questo cammino di croce. Quante volte anche noi siamo dalla parte di Pietro con i nostri criteri e con le nostre valutazioni! Infatti siamo inclini a pensare che il successo escluda la sofferenza. Gesù invece propone una visione dell’esistenza molto diversa, anzi sconcertante, in cui morte e vita, sconfitta e vittoria vanno misteriosamente insieme.



Anche la prima lettura propone lo sconcertante cammino della croce. Il profeta Isaia parla di un misterioso personaggio, il “Servo di Dio”, incrollabilmente fedele alla sua vocazione e alla sua missione nonostante le persecuzioni e gli oltraggi, figura profetica che annuncia Gesù. Questo personaggio, oggetto di persecuzione e umiliazione, risponde con la fermezza e la sicurezza di chi è sicuro della vittoria: “Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato”. I criteri con i cui noi misuriamo la riuscita di una vita devono cedere di fronte al criterio primo e assoluto: il misterioso disegno di Dio su di noi. E’ quello che Gesù ricorda a san Pietro: “tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.



In modo simile, nella seconda lettura l’apostolo Giacomo parlando di una fede operosa ci ricorda che il regno di Dio non giunge nel clamore nel trionfalismo, ma nel sacrificio, nella dedizione, nella fedeltà quotidiana ai propri doveri, nella disponibilità a donare la propria vita per gli altri. E quanto insegna Gesù, rivolgendosi a tutti coloro che vogliono far strada con lui: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Ma poi egli aggiunge: “chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”. Parole che, nella loro paradossalità, hanno un significato assai netto: chi vuole essere realmente discepolo di Gesù deve smettere di considerare se stesso come misura di ogni cosa; deve rinuncia a difendersi e accettare di portare lo strumento della propria condanna a morte; deve uscire dai meccanismi di autogiustificazione e abbandonarsi totalmente al Signore. Se accettiamo di condividere la scelta di fedeltà estrema del nostro Maestro e Signore parteciperemo anche alla sua vittoria finale sulla morte.