Parlare di liturgia in tempo
di corona virus può sembrare un discorso fuori posto, un inutile
divagare. Le chiese sono chiuse e, in ogni caso, non possono accogliere
l’assemblea dei fedeli.
Infatti, “le azioni liturgiche
non sono azioni private” (SC 26), ma in quanto “opera di Cristo sacerdote e del
suo corpo, che è la Chiesa” (SC 7), sono per sua natura celebrazioni comunitarie.
Possiamo elencare i soggetti-Chiesa in modo progressivo, e cioè: assemblea, Chiesa locale/particolare, Chiesa
universale. L’assemblea è la Chiesa locale che celebra in un dato luogo e
in un determinato tempo. Ogni comunità liturgica rappresenta quella universale,
nella quale le singole Chiese si appartengono e sono raccolte a formare l’unica
Chiesa di Cristo.
Ecco quindi che l’azione
liturgica, essendo per sua natura comunitaria, richiede la partecipazione
personale. In questi giorni, molti fedeli e comunità religiose, specie quelle femminili,
seguono la trasmissione della Messa in televisione, in particolare quella
presieduta da papa Francesco, trasmessa ogni giorno da Tv2000. Anche se non si
tratta di una vera “partecipazione”, tuttavia è un modo di unirsi
spiritualmente alla celebrazione eucaristica che ha i suoi aspetti positivi: la
parola di Dio viene proclamata e commentata in diretta, e può suscitare la
preghiera e il senso di comunione spirituale con il Signore e con coloro che
celebrano il rito eucaristico.
Questi giorni, in cui siamo
tutti chiusi in casa, sono una occasione preziosa per la riscoperta della
dimensione ecclesiale e cultuale delle famiglie. Come dice il Vaticano II, la
famiglia può essere considerata una “chiesa domestica”, in cui i genitori e i
loro figli sono annunciatori della fede con la parola e l’esempio (cf. Lumen
Gentium 11). In questa “chiesa domestica” si può celebrare anche una
“liturgia domestica”, con la preghiera prima dei pasti, la lettura della Bibbia
e con altre iniziative e pratiche tradizionali come, ad esempio, la recita del
santo Rosario.