Gen 15,1-6; 21,1-3; Sal 104; Eb 11,8.11-12.17-19; Lc 2,22-40
Il
Sal 104 è una lode rivolta al Signore della storia, artefice di atti gloriosi,
espressioni di un amore eterno per il suo popolo. Si rivela, così, la struttura
intima della fede biblica che non è un’astratta adorazione del Dio misterioso
ma la scoperta continua della sua vicinanza e della sua presenza nel tempo
spesso opaco dell’uomo. La conclusione che trae il salmista è chiara: Dio è
stato fedele alle promesse fatte, il popolo sia fedele a Dio e alle sue leggi,
per non rendersi indegno dei favori divini. Dio ha un disegno di salvezza per
ciascuno di noi ed è fedele a questo progetto.
E’
normale che i brani della Bibbia che ci propone la liturgia odierna siano da
noi letti alla luce della festa della Santa Famiglia, in funzione della quale
essi vengono proposti. In questi brani si parla di due famiglie, quella di
Abramo e Sara nella prima e seconda lettura, e quella di Giuseppe e Maria nella
lettura evangelica, e quindi, si parla anche dei loro rispettivi figli avuti in
modo straordinario: Isacco e Gesù. Nei due racconti viene messa in evidenza la
fede di queste famiglie: nella prima lettura si dice che Abramo “credette al
Signore, che glielo accreditò come giustizia”. E la lettera agli Ebrei aggiunge
che Sara “per fede [...] ricevette la possibilità di diventare madre...” La
lettura evangelica può essere interpretata anche con questa chiave di lettura:
Giuseppe e Maria portano Gesù al tempio di Gerusalemme, e compiono ciò che la
Legge comanda riguardo a un figlio primogenito, lo consacrano cioè a Dio riconoscendo
in questo modo che non loro ma Dio è il
Signore; non per fare la loro volontà, ma quella di Dio; per questo hanno
ricevuto in dono dal Signore questo bambino. Atteggiamento di fede e
sottomissione al volere di Dio.
La
festa della Santa Famiglia è stimolatrice di molte riflessioni e orientamenti
operativi in un contesto culturale come il nostro, in cui la famiglia non è una
realtà pacificamente acquisita e da tutti difesa e promossa. Ma la parola di
Dio che abbiamo ascoltato ci invita a riflettere anzitutto sullo spazio che ha
la fede nelle nostre famiglie. La famiglia cristiana, per prima cosa, dovrebbe
trovare il coraggio della fede. La nascita straordinaria di Isacco e,
soprattutto, quella di Gesù ci fanno capire che i figli sono un dono di Dio più
che frutto della scelta dell’uomo. Mettere al mondo un figlio è una scelta che
per un cristiano rientra pienamente nell’ambito della sua fede: fede nella vita
e fede nel Dio della vita: la fede nella vita, quando diventa piena, senza
condizioni, trova la sua giustificazione in un Dio che ha creato e conserva il
mondo con amore; e viceversa la fede in Dio, quando è sincera ed efficace,
conduce a dire un “sì” gioioso e senza condizione alla vita. Ma questa fede non
si esaurisce in un “sì” iniziale. La Lettera agli Ebrei richiama anche al
sacrificio di Isacco e, nel racconto evangelico di Luca, ascoltiamo l’anziano
Simeone che predice a Maria: tuo Figlio sarà “segno di contraddizione – e anche
a te una spada trafiggerà l’anima – affinché siano svelati i pensieri di molti
cuori”. La fede dev’essere pronta ad affrontare il momento della prova. Quando
i rapporti familiari vengono compromessi dalle incomprensioni o semplicemente
logorati dal tempo, è allora che la fede può e deve venire in aiuto per
rinsaldare i legami e rilanciare la comunione. E’ il momento di dare una
risposta di fede al Dio fedele.
Benché
all’origine della sua istituzione vi siano considerazioni pastorali e di
spiritualità familiare, la festa della Santa Famiglia è, anzitutto, la
celebrazione del mistero dell’Incarnazione, di cui essa evidenzia la
concretissima realtà.