In aprile del 2020, la
Congregazione per la dottrina della fede inviò a tutti i vescovi della Chiesa
un questionario con una serie di domande sull’applicazione del Motu proprio Summorum
Pontificum. Le risposte dei vescovi dovevano arrivare a Roma prima del mese
di agosto dello stesso 2020. Recentemente, il lunedì dopo la Pentecoste (24
maggio 2021), papa Francesco in un incontro con la Conferenza dei vescovi
italiani, ha comunicato che si sta lavorando nella redazione di un documento
per reinterpretare Summorum Pontificum. Per quanto si è potuto sapere,
si tratterebbe di dare maggiore autorità in materia ai vescovi. D’altra parte,
Benedetto XVI nella Lettera che accompagnava la pubblicazione del Motu proprio,
riconosceva che “ogni vescovo è moderatore della liturgia nella propria
diocesi” e, al riguardo, citava Sacrosanctum Concilium 22. La
Commissione Ecclesia Dei, invece, nell’Istruzione con cui applicò il
Motu proprio (30.04.2011), sembra interpretare il documento sottolineando
l’autonomia del singolo sacerdote nei confronti del vescovo (così, ad esempio,
nel n. 23 dell’Istruzione).
L’autorità del vescovo in
materia liturgica è uno dei punti deboli di Summorum
Pontificum e della sua applicazione, come dimostra la risposta della Conferenza dei vescovi di
Francia al questionario della Congregazione per la dottrina della fede.
Infatti, la critica principale che i prelati fanno ai gruppi che celebrano
secondo la forma straordinaria del rito romano la possiamo riassumere con
queste parole: Dà l’impressione che la liturgia è una questione di gusto
personale; le sensibilità liturgiche prevalgono sulla comunione ecclesiale;
l’eucaristia che dovrebbe unire, divide. In questo modo si favorisce la
formazione di una Chiesa parallela e l’autorità del vescovo in queste comunità
è praticamente nulla.
Noto che lo stesso card. Joseph
Ratzinger nel 2001, al tempo Prefetto della Congregazione per la dottrina della
fede, esprimeva gli stessi principi dottrinali quando affermava: “Se
l'ecclesialità diventa una questione di libera scelta, se ci sono nella Chiesa
delle chiese rituali scelte secondo un criterio soggettivo, questo diventa un
problema. La Chiesa è costruita sui vescovi secondo la successione apostolica,
nella forma di Chiese locali, quindi con un criterio oggettivo. Io mi trovo in
questa Chiesa locale e non cerco i miei amici, incontro i miei fratelli e le mie
sorelle; i fratelli e le sorelle non si cercano, si incontrano”[1].
Il vaticanista Marco Ansaldo, nel suo libro Un altro Papa. Ratzinger, le
dimissioni e lo scontro con Bergoglio, è molto severo con Benedetto
XVI e il suo entourage quando afferma: “Che a papa Benedetto XVI difettasse il dono
del governo lo si era capito man mano che sceglieva i suoi collaboratori. La
prima cerchia, a lui più vicina, definita perfidamente ‘gli intimi di
Carinzia’, venne alla ribalta quando i componenti della cricca trasformarono il
Motu proprio Summorum Pontificum in un manifesto delle loro superbe
ignoranze barocche in materia di dottrina e liturgia”[2].
[1] “Si l’ecclésialité devient
une question de choix libre, s’il y a dans l’Eglise des églises rituelles
choisies selon un critère de subjectivité, cela crée un
problème. L’Eglise, est construite sur les évêques selon la succession des
apôtres, dans la forme des Eglises locales, donc avec un critère
objectif. Je suis dans cette Eglise locale et je ne cherche pas mes amis,
je trouve mes frères et mes sœurs; et les frères et les sœurs, on ne les
cherche pas, on les trouve” ( Autour
de la question liturgique. Avec le Cardinal Ratzinger, Actes des
Journées liturgiques de Fontgombault 22-24 Juillet 2001, Association Petrus a
Stella, Fontgombault, 2001).
[2] Marco
Ansaldo, Un altro Papa. Ratzinger,
le dimissioni e lo scontro con Bergoglio, Rizzoli 2020,
57-58.