Tra le
numerose reazioni alla pubblicazione del Motu proprio Traditionis custodes di
Papa Francesco, mi ha colpito quella, particolarmente violenta, del Prof.
Roberto De Mattei, dal titolo “Traditionis custodes: una guerra
sull’orlo dell’abisso”, testo pubblicato nel sito “Corrispondenza Romana” il 19
luglio 2021. Secondo Roberto De Mattei, “l’intento del Motu proprio di Papa
Francesco Traditionis custodes, del 16 luglio 2921, “è quello di voler
reprimere ogni espressione di fedeltà alla liturgia tradizionale, ma il
risultato sarà quello di accendere una guerra che si concluderà inevitabilmente
con il trionfo della Tradizione della Chiesa”. E alla fine del lungo post, De
Mattei rincara la dose: “Se la violenza è l’uso illegittimo della forza, il
Motu proprio di Papa Francesco è un atto oggettivamente violento perché prepotente
e abusivo”.
https://www.corrispondenzaromana.it/traditionis-custodes-una-guerra-sullorlo-dellabisso/
Meraviglia,
poi, che un eminente professore di storia del cristianesimo affermi che
l’ordinamento liturgico anteriore al Vaticano II sia l’autentica espressione
della “liturgia tradizionale” e, in particolare, che l’Ordo Missae del
Messale del 1962, sia la “Messa tradizionale”, la “Messa di sempre” che risale
alla “tradizione apostolica” e perciò espressione della “lex orandi tradizionale”
anzi della “immutabile lex orandi della Chiesa”. E che quindi “nessun
Papa ha il diritto di abrogare o mutare un rito che risale alla
Tradizione apostolica”. Non c’è da meravigliarsi, continuando la lettura del
testo, che nel parlare della comunione in mano, la si consideri una “dissacrazione”,
con buona pace di tutti coloro che si sono comunicato in questo modo durante i
primi otto secoli. Naturalmente, per il professore, l’ordinamento liturgico
anteriore al Vaticano II “non è stato mai giuridicamente abrogato”. Si tratta
di affermazioni gravi e gratuite, tutte da provare, che i gruppi del cosiddetto
“usus antiquior” ripetono da tempo come un mantra per convincere se
stessi di trovarsi dalla parte giusta. Chi reagisce in questo modo “violento”
dimostra di non sentirsi sicuro nella propria posizione e al tempo stesso “giustifica”
abbondantemente il deciso intervento di Papa Francesco.