Am 7,12-15; Sal 84; Ef 1,3-14; Mc 6,7-13
La
prima lettura ci racconta lo scontro del profeta Amos col gran sacerdote del
santuario di Betel Amasìa. Le denunce del profeta contro il culto idolatrico
promosso dal re non sono gradite al gran sacerdote, che sta a servizio del
santuario stipendiato dal re e, in conseguenza, Amos viene scacciato come
disturbatore della pubblica quiete. Egli però ribadisce che profetizza per
ordine del Signore che lo ha inviato a parlare al popolo d’Israele. Il profeta
quindi parla a nome di Dio ed è responsabile davanti a lui. Il brano evangelico
racconta come Gesù manda i Dodici in una prima missione a predicare la
conversione. Da parte sua, san Paolo nella seconda lettura afferma che siamo
stati “scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati”,
perché si realizzi il disegno del Padre di “ricondurre al Cristo, unico capo,
tutte le cose”. In questo progetto si inserisce anche la missione cristiana.
Tutte e tre le letture bibliche quindi ci invitano a riflettere sulla natura
della missione. Ecco che ritorna il tema della scorsa domenica, ma sotto
angolazione diversa. Là il punto focale era da un lato l’invio di Gesù come
profeta per eccellenza e dall’altro l’incomprensione e il rigetto che gli
riservano i suoi compatrioti. Nella presente domenica l’argomento è quello
della vocazione e missione che Dio affida alla Chiesa per l’attuazione del suo
piano di salvezza.
Gesù
non vuol fare dei suoi un gruppo chiusi di “puri”, di “illuminati”: li manda in
missione in mezzo a tutti. Il piano di Dio infatti è di “ricondurre” tutte le
cose al Cristo. La missione è un rischio; gli inviati possono essere anche non
accolti e non ascoltati. I missionari non vanno a fare una crociata, ma una
proposta. Come tale deve avvenire al di fuori di ogni ricatto. Le istruzioni
che Gesù dà ai discepoli inviati in missione sono un invito a porre la loro
fiducia non nell’abbondanza dei mezzi materiali, ma in colui che li manda e nel
messaggio che essi sono chiamati ad annunciare. Il bagaglio “leggero” dei
Dodici in missione fa spontaneamente pensare al bagaglio “pesante” che a volte
sopporta la nostra testimonianza. Non dobbiamo dimenticare mai che la missione
consiste nel testimoniare davanti al mondo Gesù Cristo mandato dal Padre, morto
e risorto, che ha inviato il suo Spirito perché, per mezzo di lui, tutto
ritorni al Padre. Il piano di Dio – lo abbiamo già detto – è di “ricondurre” tutto al Cristo.
Dio
ha scelto ciascuno di noi fin dall’eternità e attraverso il battesimo ci ha
privilegiati non perché usassimo egoisticamente di questo dono, ma perché
diventassimo nel mondo testimoni del suo amore. In casa e al lavoro, per le
strade e sulle spiagge, nella gioia e nel dolore, con i vicini, gli amici, i
familiari, e anche con chi non ci è amico, siamo chiami a condividere questa
nostra speranza. Ciò può comportare, come al profeta Amos e agli apostoli,
incomprensioni e sofferenza.