Nm 6,22-27; Sal 66; Gal 4,4-7; Lc 2, 16-21
Iniziamo un nuovo anno. Il tempo passa e con
esso la nostra vita corre verso il suo compimento. Guardiamo indietro e
ricordiamo tanti momenti belli e gioiosi ma forse anche momenti tristi e
talvolta drammatici. Guardiamo avanti e ci auguriamo che il tempo che il
Signore voglia ancora concederci trascorra serenamente.
In questo primo giorno dell’anno si
sovrappongono una serie di temi: l’inizio dell’anno, l’ottava del Natale, la
solennità di Maria SS. Madre di Dio e la giornata della pace istituita da Paolo
VI nel 1967. Possiamo aggiungere ancora, con il brano evangelico, la
circoncisione, in cui “gli fu messo nome Gesù”, che significa “Iahvè salva”; in
Luca, è a Maria che viene detto il nome scelto da Dio (1,31), mentre in Matteo
viene detto a Giuseppe (Mt 1,21.25). Tutte queste tematiche possono trovare un
logico collegamento tra loro nel tema della benedizione. Maria, la benedetta
fra tutte le donne, ci ha donato Gesù, frutto benedetto del suo seno,
primogenito fra molti fratelli. Infatti, anche noi siamo diventati, per opera
dello Spirito, figli ed eredi, e, in questo modo, tutta la nostra vita è nel
segno della benedizione divina di cui la pace è frutto prezioso. Le letture
bibliche d’oggi riprendono queste tematiche e conferiscono loro motivazioni e
contenuti dottrinali.
La prima lettura descrive come i sacerdoti
d’Israele davano al popolo la benedizione al termine delle grandi feste
liturgiche. Quest’antica benedizione sacerdotale, ancora oggi usata nella
liturgia sinagogale, fa perno sul nome del Signore, richiamato per tre volte
(alcuni Padri della Chiesa l’hanno interpretato in senso trinitario), e pone
questo nome sui figli d’Israele. “Porre il nome” vuol dire stabilire una
relazione con la persona. La benedizione è riconoscimento che ogni bene viene
da Dio e dipende da una vita di comunione con lui. Segno manifesto delle
benedizioni divine è la pace: Dio benedice il suo popolo e lo conduce alla
pace. Il pieno compimento della benedizione si ha in Gesù Cristo, proclamato
dall’antifona d’ingresso “Principe della pace”. San Paolo lo illustra a modo
suo nella seconda lettura quando afferma che in Cristo abbiamo ricevuto
“l’adozione a figli”; non siamo più schiavi, ma figli. Possiamo diventare
consapevoli della nostra condizione filiale perché ci è stato donato lo
Spirito, che plasma interiormente in ognuno di noi i lineamenti del Cristo, il
Figlio primogenito. Questo mistero è stato possibile ed è reso visibile perché,
“quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna”.
In questo modo, la maternità di Maria accresce la propria realtà dandosi a
vedere quale “madre del Cristo e di tutta la Chiesa” (orazione dopo la
comunione). Maria è inoltre esemplare di accoglienza delle benedizioni divine
donateci in Cristo: nel brano del vangelo essa appare come colei che serba e
medita nell’interiorità del cuore tutti gli eventi che riguardano il Figlio,
frutto benedetto del suo seno. Da madre si fa anche prima discepola fin da ora,
custodendo nel cuore il mistero.
Col nuovo anno inizia un ulteriore tratto del
cammino della nostra vita che siamo invitati a percorrere sotto il segno della
benedizione di Dio. L’eucaristia che segue alla proclamazione della Parola al
tempo stesso che ci pone in atteggiamento di riconoscenza per i doni ricevuti
da Dio, di cui Cristo è il dono più prezioso, ci rassicura che ogni giorno di
questo nuovo anno, ogni giorno della nostra vita sarà sempre un dono prezioso
della grazia divina. A noi aspetta accoglierlo con
gratitudine e renderlo fruttuoso nella vita quotidiana.