Is 52,7-10; Sal 97; Eb 1,1-6; Gv
1,1-18
Poeti, filosofi, pensatori,
credenti o meno in Dio, si domandano sul senso della vita. Tra questi,
ricordiamo alcuni versi di un grande poeta italo-francese Paul Valéry,
scomparso a metà del secolo scorso. Egli scrive: “Solo. Sempre solo… Nessuno
ascolta la mia voce interiore. Nessuno che mi parli direttamente, che comprenda
le mie lacrime e riceva la confidenza del mio cuore… Solo. Se ci fosse un Dio,
visiterebbe, credo, la mia solitudine…”
“Se ci fosse un Dio” che
visitasse la nostra solitudine! L’aspirazione di Valéry e le domande simili che
si pongono altri come, ad esempio, Leopardi, hanno avuto una risposta. A Natale
ricordiamo la venuta di Dio sulla terra e la conseguente rivelazione del nostro
destino. Dio c’è. E’ venuto ed è vissuto tra noi, e tra noi desidera rimanere
per condividere la condizione umana, rispondere alle nostre domande, rompere la
nostra solitudine, comunicarci la sua divinità. La liturgia natalizia
riecheggia il lieto annuncio del vangelo di Giovanni: “In principio era il
Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio… E il Verbo si fece carne e
venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv
1,1.14); la liturgia natalizia riecheggia anche l’esultanza del profeta Isaia:
“Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace”. Questo
messaggero che annuncia la pace è Cristo.
L’Incarnazione del Verbo di Dio è
il cuore della fede cristiana. Essa ci dice che Dio non è l’essere sperduto nei
cieli, lontano da noi e sordo alle nostre invocazioni. E’ l’Emmanuele, il
Dio-con-noi, che ha piantato la sua tenda accanto alle nostre, pronto a
spostarla e portarla dove noi ci stabiliamo. In tale prospettiva la solitudine
è superata, poiché il Verbo, assumendo la natura umana, si è fatto nostro
compagno di strada. Non occorre più cercare Dio nell’infinità del cielo, dove
la nostra mente e il nostro cuore si smarriscono. Dio, nel Verbo incarnato ci
sta accanto, sperimenta la nostra fatica di pellegrini, la fame, la sete, la
stanchezza, l’ostilità, e anche l’angoscia della morte. Ci comprende e ci aiuta
a raggiungere la mèta.
Leopardi
si domanda: “Ed io chi sono?” La sua risposta è desolante: viandante smarrito e
lacerato, preda della noia. Un altro dei pensatori moderni ha affermato che
l’uomo è un condannato a portare il proprio cadavere. E per il filosofo Sartre,
l’uomo è una “passione inutile”. L’evento del Natale ribalta queste desolate
definizioni e fa vedere l’uomo su uno sfondo di dignità, di valore, di
immortalità. Che questo Natale sia per tutti noi un momento di serenità,
di speranza nel futuro, di certezza della presenza in mezzo a noi di colui che
è disceso dal cielo per abbracciare l’umanità intera e ridare ad essa la sua
primigenia dignità. Ci ricordiamo di coloro che vivono queste feste nella
sofferenza, nella povertà, talvolta in situazioni disperate. Ci ricordiamo dei
paesi in guerra, degli uomini e delle donne che hanno perso la fiducia in sé
stessi, di tutti coloro che hanno bisogno di ritrovare il senso della propria
esistenza. Che il messaggio del Natale possa arrivare a tutti per ricominciare
a sperare e ad amare.