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giovedì 23 dicembre 2021

NATALE 2021 (Messa del giorno)

 



 

Is 52,7-10; Sal 97; Eb 1,1-6; Gv 1,1-18

 

Poeti, filosofi, pensatori, credenti o meno in Dio, si domandano sul senso della vita. Tra questi, ricordiamo alcuni versi di un grande poeta italo-francese Paul Valéry, scomparso a metà del secolo scorso. Egli scrive: “Solo. Sempre solo… Nessuno ascolta la mia voce interiore. Nessuno che mi parli direttamente, che comprenda le mie lacrime e riceva la confidenza del mio cuore… Solo. Se ci fosse un Dio, visiterebbe, credo, la mia solitudine…”

 

“Se ci fosse un Dio” che visitasse la nostra solitudine! L’aspirazione di Valéry e le domande simili che si pongono altri come, ad esempio, Leopardi, hanno avuto una risposta. A Natale ricordiamo la venuta di Dio sulla terra e la conseguente rivelazione del nostro destino. Dio c’è. E’ venuto ed è vissuto tra noi, e tra noi desidera rimanere per condividere la condizione umana, rispondere alle nostre domande, rompere la nostra solitudine, comunicarci la sua divinità. La liturgia natalizia riecheggia il lieto annuncio del vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio… E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,1.14); la liturgia natalizia riecheggia anche l’esultanza del profeta Isaia: “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace”. Questo messaggero che annuncia la pace è Cristo.

 

L’Incarnazione del Verbo di Dio è il cuore della fede cristiana. Essa ci dice che Dio non è l’essere sperduto nei cieli, lontano da noi e sordo alle nostre invocazioni. E’ l’Emmanuele, il Dio-con-noi, che ha piantato la sua tenda accanto alle nostre, pronto a spostarla e portarla dove noi ci stabiliamo. In tale prospettiva la solitudine è superata, poiché il Verbo, assumendo la natura umana, si è fatto nostro compagno di strada. Non occorre più cercare Dio nell’infinità del cielo, dove la nostra mente e il nostro cuore si smarriscono. Dio, nel Verbo incarnato ci sta accanto, sperimenta la nostra fatica di pellegrini, la fame, la sete, la stanchezza, l’ostilità, e anche l’angoscia della morte. Ci comprende e ci aiuta a raggiungere la mèta.

 

Leopardi si domanda: “Ed io chi sono?” La sua risposta è desolante: viandante smarrito e lacerato, preda della noia. Un altro dei pensatori moderni ha affermato che l’uomo è un condannato a portare il proprio cadavere. E per il filosofo Sartre, l’uomo è una “passione inutile”. L’evento del Natale ribalta queste desolate definizioni e fa vedere l’uomo su uno sfondo di dignità, di valore, di immortalità. Che questo Natale sia per tutti noi un momento di serenità, di speranza nel futuro, di certezza della presenza in mezzo a noi di colui che è disceso dal cielo per abbracciare l’umanità intera e ridare ad essa la sua primigenia dignità. Ci ricordiamo di coloro che vivono queste feste nella sofferenza, nella povertà, talvolta in situazioni disperate. Ci ricordiamo dei paesi in guerra, degli uomini e delle donne che hanno perso la fiducia in sé stessi, di tutti coloro che hanno bisogno di ritrovare il senso della propria esistenza. Che il messaggio del Natale possa arrivare a tutti per ricominciare a sperare e ad amare.