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Come regola generale, l'edificio di culto è eretto secondo il duplice criterio
della funzionalità liturgica e della promozione della partecipazione attiva dei
fedeli (cfr. SC n. 124). Si intende quindi l'edificio sacro fondamentalmente
come spazio celebrativo, in cui ad ogni funzione e ministero liturgico è tendenzialmente
assegnato uno spazio diverso.
- L'autonomia spaziale
dell'altare maggiore, in modo che si possa concelebrare e celebrare versus
populum, gli conferisce un indiscutibile protagnismo. La relazione dell'assemblea
con l’altare è formulata in termini di "centro", introducendo così
una certa idea di figura circolare per il luogo di culto.
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Nella linea di favorire la rilevanza simbolica dell'altare, gli oggetti del suo
ornamento – la croce ed i candelabri – perdono importanza.
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Si tende a ridurre il numero degli altari secondari e ad escluderli dall'aula
liturgica principale, favorendo in questo modo l'unità formale della navata.
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Provocando la sconnessione simbolica tra l'altare (luogo del sacrificio) e il
tabernacolo (conservazione del sacramento permanente) a beneficio del primo, e
favorendo la collocazione del tabernacolo al di fuori della navata principale, la
riserva eucaristica cessa di essere un elemento di riferimento per la
definizione dello spazio della chiesa. L'obiettivo era quello di sottolineare
il valore simbolico che altare e tabernacolo hanno in sé (nelle parole di EM n.
55, "in ragione del segno").
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Come fulcro della celebrazione della Parola di Dio, l'ambone acquisterà
gradualmente importanza l’ambone unico come luogo ben visibile e stabile per la
proclamazione delle letture bibliche.
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Il luogo della schola cantorum non è determinato in modo specifico. La
tendenza sarà quella di collocarlo insieme al resto dei fedeli come parte della
comunità, pur mantenendo una specificità spaziale in virtù della sua funzione.
La questione non è completamente risolta e rimarrà aperta.
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Il criterio per la progettazione dello spazio dei fedeli nell'aula liturgica, in
cui sono disposti banchi o sedie, è la buona visibilità dei riti sacri come
modo per favorire la partecipazione.
Fonte:
Fernando López-Arias, El Concilio Vaticano II y la arquitectura sagrada,
pp. 301-302 (traduzione).