Dopo
Mons. Georg Gänswein col suo libro “Nient’altro che la verità”, anche il Card.
Gerhard Müller annuncia l’imminente uscita di un suo libro intitolato “In buona
fede” (pubblicato da Solferino). I due eminenti prelati fanno alcune critiche a
Papa Francesco. Qui mi soffermo soltanto su quanto Müller afferma quando parla
della “stretta sulla messa in latino” fatta da Francesco col Motu proprio Traditionis
custodes del 16 luglio 2021. Anzitutto bisogna precisare che Francesco col
suo MP non proibisce la Mesa in latino, ma regola e limita l’uso del Messale Romano edito da san Giovanni
XXIII nell’anno 1962. Si può celebrare la Messa in latino sempre e dovunque col
Messale di san Paolo VI.
Secondo Müller, la decisione di Papa Francesco “fu uno
schiaffo” per i tradizionalisti, che “ha scavato fossati e ha causato dolore”.
“Agendo in questa direzione Papa Francesco sembra abbia dato ascolto a un
gruppo di consiglieri senza tenere conto che quel provvedimento avrebbe assunto
i contorni di una mera dimostrazione di potere”. Il porporato considera le
decisioni prese da Francesco sull’uso dei libri liturgici anteriori alla
riforma di Paolo VI, una mera dimostrazione di potere. Dimentica che il “gruppo
di consiglieri” di cui egli parla non è il “cerchio magico” di Santa Marta, a
cui lo stesso porporato fa riferimento e critica nel suo libro, ma l’episcopato
cattolico a cui Francesco aveva consultato in aprile del 2020. Infatti, la
Congregazione per la dottrina della fede inviò a tutti i vescovi della Chiesa
un questionario con una serie di domande sull’applicazione del Motu
proprio Summorum Pontificum. Sarebbe stato interessante che prima della
pubblicazione del Motu proprio Summorum Pontificum (7 luglio 2007) fosse
stato consultato l’episcopato e che prima di affermare gratuitamente, e contro
l’evidente volontà di Paolo VI espressa più volte pubblicamente, che il Messale
del 1962 non
fu mai “giuridicamente abrogato”, fosse stata chiesta l’opinione del Pontificio Consiglio per i
testi legislativi, “la cui funzione consiste soprattutto nella interpretazione
delle leggi della Chiesa”. Dov’è la fragrante dimostrazione di potere?
Per
quanto concerne il “cerchio magico” di Francesco, di cui parla Müller, ricordo
che il vaticanista Marco Ansaldo,
nel suo libro Un altro Papa. Ratzinger, le dimissioni e lo scontro con
Bergoglio, afferma: “Che a papa Benedetto XVI difettasse il dono del
governo lo si era capito man mano che sceglieva i suoi collaboratori. La prima
cerchia, a lui più vicina, definita perfidamente ‘gli intimi di Carinzia’,
venne alla ribalta quando i componenti della cricca trasformarono il Motu
proprio Summorum Pontificum in un manifesto delle loro superbe
ignoranze barocche in materia di dottrina e liturgia”.
Non
dubito della buona fede del Card. Müller,
ma dubito che il porporato dica tutta la verità sugli eventi da lui criticati.