Sir 15,15-20 (nv 16-21); Sal 118; 1Cor 2,6-10; Mt 5,17-37
Come
dice il brano del libro del Siracide che abbiamo ascoltato come prima lettura, “davanti
agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male”. Ognuno è libero di
scegliere la strada che preferisce nella, ma soltanto chi cammina alla luce
della legge del Signore può raggiungere il traguardo della vita. Ecco il
messaggio di questa domenica.
Nel
brano evangelico, Gesù afferma che non è venuto ad abolire la Legge, ma a dare
pieno compimento ad essa. Tra l’Antico Testamento e il Nuovo Testamento c’è continuità
ma c’è anche progresso, anzi tra i due Testamenti ci sono pure delle vere e
proprie rotture. Infatti, Gesù quando afferma che non è venuto ad abolire ma a dare
compimento, usa un termine che nella lingua greca evoca l’idea della pienezza e, in
questo caso, della pienezza di senso. Gesù continua il suo discorso dicendo
“Avete inteso che fu detto agli antichi … Ma io vi dico …” Gesù non distrugge
il passato, ma lo completa definitivamente nel campo della conoscenza di Dio e
in quello morale. Con il suo ripetuto “ma io vi dico”, Gesù manifesta una
consapevolezza che va oltre quella dei profeti dell’Antico Testamento: la sua è
l’autorità del Messia, superiore a Mosè. La legge di Mosè e la legge di Cristo
non sono quindi leggi in contrasto fra loro, ma bisogna pure coglierne le
diversità anche profonde. Più in concreto, possiamo domandarci in che cosa
consiste lo specifico della legge cristiana e come può dirsi in continuità e al
tempo stesso in una certa rottura con la legge degli antichi?
Il
brano del vangelo odierno ci pone di fronte ad una serie di antitesi che
toccano diversi punti della Legge anticotestamentaria, scelti evidentemente tra
i molti altri possibili. Non è però una scelta fatta a caso: tre riguardano il
comportamento verso il prossimo e tutti e tre mettono in luce la carità.
Possiamo dire che ad un’etica del “lecito” viene sostituita un’etica dell’
“amore”. In Cristo il regno di Dio si è fatto vicino, l’amore di Dio si è
rivelato con una più grande chiarezza, il perdono ci è offerto con una
misericordia gratuita e senza limiti, allora il nostro comportamento deve
esprimersi con una generosità nuova, anzi con la generosità dell’amore. Ci viene
rivelata in modo nuovo la paternità di Dio e ci viene quindi chiesta con
maggiore enfasi un’etica filiale. Più che preoccuparci di determinare fino a
che punto possiamo spingerci per non cadere sotto il giudizio di condanna,
occorre chiederci che cosa ci faccia crescere con maggiore vigore nell’amore di
Dio e del prossimo.
Come
i profeti dell’Antico Testamento che l’hanno preceduto, anche Gesù si è
sforzato di ricuperare il centro della volontà di Dio, e cioè il primato della
carità. Tutto deve essere letto alla luce di questo centro, e tutto deve essere
valutato in base ad esso. Nel Nuovo Testamento il comportamento morale diventa
maggiormente opera dell’uomo integrale e si unifica assai più nella legge suprema
dell’amore di Dio e degli uomini. Nella Nuova Alleanza l’amore diventa quindi
il principio che ispira tutta la vita dei discepoli di Cristo. Come dice
l’orazione colletta della messa, Dio ha promesso di essere presente in coloro
che lo amano e con cuore retto e sincero custodiscono la sua parola.