Ger 20,10-13; Sal 68; Rm 5,12-15; Mt 10,26 - 33
Possiamo riassumere il contenuto delle letture
bibliche odierne con queste parole: la nostra fedeltà a Dio e al suo vangelo
esige talvolta un caro prezzo che, però, possiamo affrontare se abbiamo fiducia
nel Signore. La fede è un’attiva lotta contro la paura. La fede esige coraggio.
Infatti, nella prima lettura, vediamo che la parola del profeta Geremia è
scomoda a molti dei suoi contemporanei, incontra l’ostilità addirittura dei
suoi parenti e amici. Il profeta sente tutto il peso della trama ordita contro
di lui. Ciò nonostante, egli è fedele alla sua missione, perché sa che il
Signore non lo abbandona. Perciò affida a lui la sua causa, anzi esprime la riconoscenza
per l’aiuto ricevuto. L’insegnamento del brano del vangelo s’inquadra
perfettamente nel contesto della prima lettura. Per ben tre volte Gesù ripete
ai suoi discepoli inviati in missione il comando: “Non abbiate paura degli
uomini... non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo... non abbiate
dunque paura”. Ci possiamo domandare che senso abbiano oggi le parole di Gesù?
Infatti, noi viviamo in un ambiente che in genere non è minaccioso nei
confronti del testimone di Cristo, ma è semplicemente distratto e
disinteressato ai grandi ideali proclamati dal cristianesimo. In queste
circostanze ci vuole coraggio per testimoniare valori “forti”. Oggi le parole
di Gesù sono quindi un invito a non scoraggiarsi, a non gettare la spugna, a
continuare con fiducia la nostra testimonianza di vita cristiana anche quando
il messaggio che la nostra parola e le nostre opere intendono proclamare sembra
essere insignificante e lontano dagli interessi dei nostri simili. Dio ci sostiene
con la forza del suo Spirito, perché non ci vergogniamo mai della nostra fede.
Si potrebbe dire che il cristiano si distingue
dal non cristiano dal modo in cui vince la paura. L’alternativa cristiana al
dubbio, all’incertezza e alla paura si chiama fiducia in Dio. Il vero discepolo
di Gesù non cede alla tentazione di considerarsi dimenticato, di sentirsi
insignificante, ma impara piuttosto da Gesù a fidarsi del Padre, il quale se
provvede agli uccelli del cielo tanto più provvederà ai discepoli di Gesù. Questa
fiducia in Dio viene incoraggiata anche da san Paolo nel brano della seconda
lettura. Cristo non rimedia solo a una situazione catastrofica, conseguenza del
peccato che si è moltiplicato nel mondo. Infatti, in questo mondo immerso nel
peccato, sovrabbonda la grazia di Dio. Con Gesù Cristo, afferma l’Apostolo, i
doni di Dio “si sono riversati in abbondanza su tutti”. Si tratta di una visione
ottimistica dell’umanità, visione tipicamente cristiana. È l’umanità ideale,
quella del futuro, quella che nella storia, pur non essendo mai pienamente
raggiunta, deve rappresentare già ora il costante obiettivo del nostro impegno
quotidiano.
La partecipazione eucaristica, “sacrifico di
espiazione…”, ci purifica dai nostri peccati e ci rinnova, perché tutta la
nostra vita sia accetta alla volontà del Signore (orazione sulle offerte).