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domenica 4 giugno 2023

IL “TRONO DI GRAZIA” TRINITARIO

 



 

La matrice del Trono di Grazia è da cercare in ambito liturgico secondo una radice abbastanza originale. Centrale nella Messa è il cosiddetto “Canone eucaristico” al cui interno si celebra la consacrazione del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo. Ora, l’avvio di questa preghiera fondamentale suona in latino così: Te igitur (“Te dunque…”). La prima lettera è dunque una T che è stata elencata tra i simboli trinitari come Tau (detta anche “Croce di sant’Antonio”). Ebbene, nelle miniature dei messali (ad esempio, quello splendido di Cambrai del 1120) questa lettera è sorretta dalla figura del Padre, affisso ad essa è il Cristo crocifisso, mentre tra i due vola la colomba dello Spirito Santo.

Con questa immagine si comunica la qualità trinitaria della celebrazione eucaristica, dato che Dio Padre “ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito” (Gv 3,16), mentre lo Spirito li unisce in un abbraccio d’amore. E’ anche di notare che in alcune miniature la colomba dello Spirito è tratteggiata in modo tale da toccare con le sue ali la bocca del Padre e quella del Figlio, testimoniando il mistero di comunione che vincola tra loro le tre persone divine. Certo, non sarà facile per i nostri lettori ammirare la pagina miniata del “Canone eucaristico” di un messale medievale. Ma a tutti è, invece, possibile contemplare il pi famoso e affascinante Trono di Grazia.

E’ sufficiente che, usciti dalla stazione ferroviaria di Firenze, varchino la soglia dell’antistante chiesa di Santa Maria Novella, uno scrigno di opere d’arte, tra le quali indimenticabile è uno dei rari affreschi di Masaccio (1427 ca.). In esso la rappresentazione della crocifissione di Cristo si trasforma in una sintesi trinitaria col Padre che abbraccia idealmente il Figlio crocifisso, all’insegna della colomba dello Spirito che sovrasta la scena. E’ interessante notare  che la rappresentazione è inserita in un contesto architettonico rinascimentale, così da risultare “contemporanea” alla coppia dei committenti posti ai lati e agli stessi fedeli che sostavano in preghiera in questo tempio fiorentino dei Domenicani.

Il Trono di Grazia, diffuso lungo i secoli, soprattutto a partire dalla “peste nera” del 1347-1348 – quella del Decamerone di Boccaccio –, fu di volta in volta arricchito di particolari, fino a raggiungere l’astrazione attraverso la sostituzione delle tre persone trinitarie con tre ostie eucaristiche, a causa dell’ambito liturgico a cui abbiamo accennato. Alcune realizzazioni rivelarono, comunque, una loro originalità, come nel caso della tempera su tavola di Nicoletto Semitecolo (1370 ca.) custodita al Museo Diocesano di Padova: è il Padre stesso a reggere con le sue braccia aperte il Figlio crocifisso, facendo quindi da croce vivente, mentre sempre si introduce tra loro la colomba dello Spirito.

Su questa scia è spontaneo l’invito a proseguire idealmente fino al Museo del Prado di Madrid e a cercarvi un’imponente tela eseguita da El Greco tra il 1577 e il 1579. Noi siamo abituati a riconoscere la Pietà con la figura di Maria che sostiene sulle sue ginocchia il corpo morto del Figlio (quella di Michelangelo nella basilica vaticana è negli occhi di tutti). Ebbene, il celebre pittore originario di Creta e allievo di Tiziano crea invece una Pietà del Padre che regge tra le sue braccia il cadavere del Figlio deposto dalla croce, mentre tra i due aleggia sempre la colomba dello Spirito Santo.

 

Fonte: Gianfranco Ravasi, Tre. Divina aritmetica (Storie di numeri), il Mulino, Bologna 2023, 144-148.