Translate

venerdì 5 aprile 2024

DOMENICA II DI PASQUA (B) – 7 Aprile 2024 o della Divina Misericordia

 



 

At 4,32-35; Sal 117; 1Gv 5,1-6; Gv 20,19-31

 

Il brano del Vangelo di questa domenica è ricco di contenuti. In questa breve riflessione però ci limiteremo ad approfondire il dubbio di san Tommaso. Notiamo anzitutto che al di là delle apparenze, il dubbio non è affatto il contrario della verità. In un certo senso, ne è la ri-affermazione. È incontestabile che solo chi crede nella verità può dubitare, anzi: dubitarne. Perché il dubbio è un atteggiamento di ricerca, di esplorazione. Il dubbio, dal quale sant’Agostino fu spesso tormentato, è stato per il santo un passaggio obbligato per approdare alla verità. E così per altri grandi santi. Un noto filosofo britannico del secolo scorso, Bertrand Russell, diceva che “il problema dell’umanità è che gli stupidi sono sempre sicurissimi, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi”.

Concentrando ora la nostra attenzione sul dubbio dell’apostolo san Tommaso, vediamo che egli non si lascia convincere dalla visione del Risorto che gli altri discepoli hanno avuto. Tommaso vuole personalmente vedere e toccare. Ma quando poi Gesù ricompare per la seconda volta e lui è presente, non si dice che abbia toccato né le mani né il costato trafitto. Al rimprovero di Gesù, un rimprovero pieno di bontà, Tommaso riconosce il Risorto, un riconoscimento pieno, il più alto ed esplicito dell’intero Vangelo: “Il mio Signore e il mio Dio”. La confessione di Tommaso non esprime soltanto il riconoscimento ma l’appartenenza, lo slancio e l’amore: non dice “Signore Dio”, ma “il mio Signore e il mio Dio”.

Tommaso ha conosciuto il dubbio, ma questo non gli ha impedito di giungere ad una fede piena. Nell’esperienza di Tommaso c’è stata però una pretesa dalla quale occorre purificarsi. Gesù gli rimprovera: “Tu hai creduto perché mi hai veduto”, e aggiunge: “Beati quelli che hanno creduto senza avermi veduto”. La normalità della fede riposa sul fondamento dell’ascolto, sul fondamento della testimonianza apostolica.

Gli uomini di oggi, come una volta san Tommaso, vorrebbero vedere e toccare, ma la loro fede è legata alla visibilità della nostra testimonianza, della nostra vita trasformata come quella dei primi cristiani di cui parla il brano degli Atti degli Apostoli proposto come prima lettura: questi cristiani – si dice – erano “un cuore solo e un’anima sola”. Dopo la risurrezione, Gesù è presente nella comunità dei credenti e si rende visibile al mondo attraverso i gesti di carità fraterna di coloro che credono in lui. L’amore non è fatto di parole. Gesù lo aveva detto ai discepoli nel discorso di addio: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).

La risurrezione si realizza ed è testimoniata là dove si porta la pace, si libera dal male, si dona speranza, si costruisce un futuro sereno, là dove l’amore si traduce in fatti, là dove il volto misericordioso di Dio si incarna nelle nostre parole e nelle nostre azioni.