La rivalutazione della liturgia come azione rituale, in
cui convergono l’azione salvifica di Dio in Cristo e la risposta accogliente
dell’uomo, pone il problema dell’individuazione di un punto di incontro che sia
espressivo al tempo stesso dell’agire di Dio e dell’agire dell’uomo. Questo
punto di incontro è la corporeità. La liturgia non è una questione di “idee”,
ma di “corpo”, o meglio, di “corporeità”, intendendo per corporeità il soggetto
umano nella sua integralità. Ciò può essere pienamente comprensibile soltanto
se viene superata la tendenza a considerare il corpo come oggetto-strumento di
appoggio o di ostacolo allo spirito-mente, dotato da una propria vitalità
indipendente dal corpo. Non si tratta del corpo oggetto, ma del corpo vivo che
ha ed è storia. Ricordiamo che l’antropologia cristiana considera la persona
umana nella sua unità totale e alla luce della sua origine dall’azione
creatrice di Dio e della sua vocazione ultima.
La trascendenza tipica dell’esperienza religiosa che
tiene luogo nell’ambito della celebrazione liturgica non implica la negazione
del corpo: come ogni simbolo ha bisogno del significante, così la liturgia, che
è simbolica, ha bisogno del corpo, perché nell’esteriorizzazione corporea
l’uomo esperimenta la auto trascendenza, in cui si fa sempre più evidente che
la salvezza è al di là di ciò che è da lui possedibile o producibile quando si
chiude in se stesso. Possiamo ben dire che luogo originario dell’esperienza
religiosa e soggetto dell’azione celebrativa è il corpo vissuto.
L’ambiguità corporea, lungi dall’essere fuorviante per
l’azione liturgica, è in grado di caratterizzarla strutturalmente come incontro
vivo tra il corpo di Cristo e il corpo dell’assemblea celebrante. Essa,
infatti, ha la medesima struttura dell’azione rituale, che tende a coniugare
simbolicamente, in un’unica esperienza, il visibile e l’invisibile, l’identità
e la differenza, il già e non ancora.
La liturgia considera la persona umana nella sua realtà
profonda e negli svariati collegamenti che gli sono propri. La celebrazione
deve quindi raggiungere il credente non solo nella sua profondità esistenziale
più intima, ma anche nella sua dimensione corporea. Anzi, si può ben dire che
il corpo è il primo e più profondo strumento dell'espressione: nel gioco degli
atteggiamenti del corpo, l’espressione è altrettanto forte che nella parola;
questa, anzi, viene espressa come atteggiamento. La liturgia trova l'unità
delle proprie azioni e dei propri simboli nel corpo che agisce e percepisce.
La cosiddetta svolta antropologica del nostro tempo ha
avuto effetti rilevanti anche in campo liturgico per cui dalla attenzione alla
liturgia in se stessa - al mistero in essa celebrato - si è passati all'uomo
della liturgia. Non si tratta di contrapporre i "diritti" della
liturgia a quelli dell'uomo. La sintesi è appunto l'uomo liturgico, il credente
che celebra la liturgia. In questo settore, non esente da possibili deviazioni,
ogni ambiguità è facilmente superata se si parte da una giusta visione della liturgia
come "luogo" del dialogo salvifico, che impegna i due protagonisti e
accentua, nella dimensione di "santificazione" l'azione di Dio e nel
"culto" quella dell'uomo: si tratta delle due dimensioni essenziali
di ogni azione liturgica (cf. SC, n.7).
Contemplata da una prospettiva antropologica, la
liturgia cristiana è una realtà viva, comunicativa e, pertanto, in intimo
rapporto con la dinamica e le esigenze della crescita spirituale del credente
che ad essa partecipa. È necessario però che i fedeli siano introdotti alla
comprensione e all'uso del linguaggio simbolico della liturgia affinché possano
sintonizzare con il mistero in essa celebrato. L'esperienza spirituale vissuta
nella celebrazione liturgica si compie attraverso i segni sensibili (cf. SC,
n.7).
Bisogna passare dalla logica dell'utilitarismo alla
logica simbolica. Nel quadro della logica simbolica, la celebrazione liturgica
non è soltanto l'esteriorizzazione di una realtà interiore, ma opera
efficacemente questa realtà nel momento stesso in cui la porta ad esprimersi.
Il simbolismo liturgico rivelando comunica e coinvolge il credente che è
chiamato a co-rispondere. La liturgia si configura come un luogo in cui la
partecipazione del credente ingloba l’intera sua persona, intelligenza e
corporeità, amore e sensibilità.
La liturgia è un poderoso fenomeno di comunicazione.
Nella cultura moderna della comunicazione audiovisuale, la celebrazione
liturgica potrebbe essere facilmente percepita come uno spazio aperto alla
espressione esterna della interiorità dei credenti, e anche un mezzo per
educare e formare alla comunicazione con Dio attraverso gesti, parole, simboli
e immagini che sono chiamati a riflettere la verità di un culto in spirito e
verità. La liturgia è da considerarsi infatti spazio di vera esperienza spirituale
e scuola capace di formare alla gestione di questa esperienza.