di Matias Augé
Quale tipo di
“relazione” tra i fedeli e la SS.ma Trinità esprime e opera l’anno liturgico?
Detto in altre parole, quale genere di rapporto tra l’assemblea celebrante e la
Trinità scaturisce dalla partecipazione allo svolgimento del ciclo annuale
delle festività dell’anno liturgico?
1. Alcuni principi generali
Possiamo
prendere come punto di partenza per la nostra riflessione il concetto o
descrizione della liturgia che troviamo nei documenti del Concilio Vaticano II.
Ci interessa anzitutto il n. 7 della Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium, dove, tra l’altro,
si dice: “… la liturgia è ritenuta come l’esercizio della missione sacerdotale
di Gesù Cristo mediante la quale con segni visibili viene significata e, in
modo proprio a ciascuno, realizzata la santificazione dell’uomo, e viene
esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra,
il culto pubblico integrale”. Il Decreto Presbyterorum
ordinis, dello stesso Concilio, aggiunge un elemento importante a questa
specie di definizione della liturgia quando afferma, al n. 5, che Cristo nella
liturgia “esercita ininterrottamente il suo ufficio sacerdotale in nostro
favore per mezzo del suo Spirito”.
Ecco quindi gli elementi fondamentali che bisogna tener presenti per capire
cos’è la liturgia:
La liturgia è
l’esercizio del sacerdozio di Cristo. Questo sacerdozio è esercitato con segni
sensibili e per mezzo dello Spirito nonché in nostro favore, e cioè per la
nostra santificazione. Santificati, rendiamo insieme con Cristo il culto
pubblico integrale al Padre. Vediamo subito che la liturgia assume un andamento
che è insieme cristologico-trinitario e cristologico-ecclesiale, tipico dello
sviluppo storico-salvifico della rivelazione divina. Al riguardo, la
Costituzione Dei Verbum si esprime in
questi termini: “Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e
far conoscere il mistero della sua volontà (cf Ef 1,9), mediante il quale gli
uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno
accesso al Padre e sono resi partecipi della natura divina (cf Ef 2,18; 2Pt
1,4)” (DV, n. 2). Nella liturgia è all’opera Dio stesso che, nella sua
iniziativa di salvezza, santifica gli uomini mediante Cristo nello Spirito, li
raduna nella santa Chiesa e li abilita nel medesimo Spirito alla lode filiale,
al culto integrale nell’offerta del sacrificio perfetto che egli gradisce. Ecco
quindi che tutto scaturisce dal Padre come salvezza e tutto ritorna a lui come
lode o culto. L’azione liturgica è adorazione indivisa del Dio Uno nella
Trinità delle Persone divine, come risposta e accoglienza dell’azione unitaria
e trinitaria di Dio, che opera la nostra santificazione[1].
E’ dalla
contemplazione dell’agire della SS.ma Trinità che scaturisce il vero volto
della liturgia della Chiesa e quindi anche il significato, il valore, la
struttura e l’unità intrinseca dell’anno liturgico. Infatti, l’anno liturgico
celebra l’unico evento di salvezza in Cristo e i diversi momenti di questo
evento, di cui sono protagonisti il Padre, il Figlio e lo Spirito. Come dice il
Catechismo della Chiesa Cattolica,
“la liturgia è opera della Trinità”
(CCC, n. 1077): nel corso dell’anno celebriamo gli eventi salvifici in
cui sono coinvolte le tre persone della SS.ma Trinità.
2. L’anno liturgico è la trama rituale della
storia della salvezza
La liturgia,
che è memoriale del mistero di Cristo, è la ripresentazione sacramentale di
tutta la storia della salvezza. Chiave di comprensione della storia della
salvezza è la proclamazione sistematica della parola di Dio che ricorda e
attualizza questa storia e la celebrazione di questi avvenimenti nella
preghiera e nei sacramenti. Come afferma Benedetto XVI nell’Esortazione
Apostolica postsinodale Verbum Domini,
al n. 52, “qui appare anche la sapiente pedagogia della Chiesa che proclama e
ascolta la sacra Scrittura seguendo il ritmo dell’anno liturgico. Questo
distendersi della Parola di Dio nel tempo avviene in particolare nella
celebrazione eucaristica e nella Liturgia della Ore. Al centro di tutto
risplende il Mistero Pasquale, al quale si collegano tutti i misteri di Cristo
e della storia della salvezza che si attualizzano sacramentalmente”. Ecco
quindi che pur concentrando tutta la storia della salvezza nel mistero di
Cristo, la Chiesa legge, celebra, attualizza i mirabilia Dei con una programmazione in qualche modo “sistematica”
nell’anno liturgico, attraverso diverse forme celebrative, dalla liturgia della
parola a quella della preghiera[2]. L’anno liturgico è
la realtà ampiamente celebrativa di questa storia, la trama rituale della
storia della salvezza, non solo perché la racconta (in particolare, ricorrendo
ai testi biblici del Lezionario) ma soprattutto perché è esso stesso, in quanto
struttura rituale, una storia che rende possibile il reale accesso alla storia
della salvezza. Il tempo e la storia vanno avanti, fino a quando Dio vorrà,
affinché ognuno, riconoscendo e aderendo a ciò che è accaduto in Cristo, possa
essere salvo, diventare cioè quell’essere per cui è stato creato, finché “Dio
sia tutto in tutti” (1Cor 15,28).
Si può ben
dire che la pasqua o il “mistero pasquale” costituisce la categoria centrale
della teologia liturgica del Concilio Vaticano II. Nella pasqua infatti si
sintetizza tutta la storia della salvezza. Il Nuovo Testamento, che non parla
formalmente di Trinità, presenta l’opera della salvezza legata a Gesù come
grande Rivelatore del Padre e via di accesso alla comunione con Lui nella
santificazione dello Spirito Santo, il quale, soprattutto nella prospettiva
giovannea, introduce alla verità che è Gesù Cristo. Dio risulta così essere un
circuito di amore nel quale gli uomini vengono inseriti grazie al mistero
pasquale di morte, risurrezione e glorificazione[3]. Nella celebrazione
annuale del mistero pasquale, siamo inseriti in questo circuito di amore
trinitario. Come dice il Catechismo della
Chiesa Cattolica, al n. 1171, “l’anno liturgico è il dispiegarsi dei
diversi aspetti dell’unico mistero pasquale”.
Se non viene
capito in profondità, l’anno liturgico rischia di ridursi ad una semplice
struttura pedagogica senza altro scopo se non quello di fare dell’identica
Eucaristia festiva l’occasione per un discorso più articolato su Gesù Cristo.
Per evitare questo scoglio è importante lo sforzo che la riflessione
cristologica ha fatto, soprattutto dal Vaticano II in poi, in ordine a riproporre
un discorso serio e organico sui “misteri di Cristo”. Si tratta di recuperare
tutta la vicenda storica di Gesù di Nazaret e i diversi avvenimenti della sua
vita terrena come luoghi della manifestazione del “mistero” della sua Persona,
e come facenti tutt’uno col “mistero” di salvezza realizzatosi con
l’incarnazione e compiutosi nella pasqua. E’ vero che il Nuovo Testamento è
stato scritto alla luce dell’esperienza pasquale, ma è altrettanto vero che la
pasqua non annulla tutta la vita precedente di Gesù, anzi ad essa positivamente
rimanda[4]. E’ la
dottrina espressa dalla Costituzione Sacrosanctum
Concilium quando descrive l’anno liturgico nei seguenti termini: “La santa
madre Chiesa considera suo dovere celebrare con sacra memoria, in determinati
giorni nel corso dell’anno, l’opera salvifica del suo sposo divino. Ogni
settimana, nel giorno a cui ha dato il nome di ‘domenica’ fa la memoria della
risurrezione del Signore, che una volta all’anno, unitamente alla sua beata
passione, celebra a pasqua, la più grande delle solennità. Nel ciclo annuale
poi presenta tutto il mistero di Cristo, dall’incarnazione e natività fino
all’ascensione, al giorno di pentecoste e all’attesa della beata speranza del
ritorno del Signore. Ricordando in tal modo i misteri della redenzione, essa
apre ai fedeli i tesori di potenza e di meriti del suo Signore, in modo da
renderli presenti a tutti i tempi, perché i fedeli possano venire a contatto ed essere pieni della
grazia della salvezza” (SC, n. 102).
L’anno
liturgico è primariamente festa memoriale, “anamnesi”: come abbiamo detto
sopra, esso celebra “con sacra memoria (sacra
recordatione) l’opera salvifica del suo sposo divino” (SC, n. 102). Ciò
esclude contemporaneamente una interpretazione puramente storicizzante sotto
forma di una riproposizione della vita di Gesù o di un ricordo semplicemente
psicologico della sua azione. Se la celebrazione cristiana ha una
configurazione memoriale in
riferimento all’evento fondante, ha anche una configurazione epicletica in riferimento allo Spirito
che lo rinnova pienamente nello spazio di creatività della comunità celebrante
e del singolo che vi partecipa: “Dopo la gloriosa ascensione di Cristo al
cielo, l’opera della salvezza continua attraverso la celebrazione della
liturgia, la quale, non senza motivo, è ritenuta momento ultimo della storia
della salvezza”[5], ma – aggiungiamo
noi – anche “momento sintesi” di tutta la storia salvifica. Infatti, la
liturgia unisce annuncio e compimento, ossia la prima e la seconda tappa della
storia della salvezza. Al centro della liturgia c’è sempre Cristo, in quanto
autore della salvezza proiettata dal Padre e rivelata dallo Spirito Santo ai
suoi santi profeti[6].
Nel corso
dell’anno liturgico, non si celebrano i misteri di Cristo né gli avvenimenti
della storia della salvezza come se non ci fosse il mistero pasquale, ma
proprio perché c’è il mistero di Cristo, ed in esso sono contenuti tutti i
misteri da celebrare. Tutto viene celebrato nella prospettiva, nella realtà, a
partire dal Cristo risorto, senza il quale le nostre commemorazioni sarebbero
carenti di realismo, come se lui non fosse risorto (cf 1Cor 15,17), e di
oggettività, come se fossero le celebrazioni di qualcosa che è avvenuto e non
di Qualcuno che questi misteri ha vissuto ma è pure il Vivente presente nella
sua Chiesa.
3. La presenza delle tre Persone divine nello
svolgersi del ciclo annuale delle celebrazioni
Dal Padre
proviene ogni iniziativa di creazione, di salvezza e di santificazione e al
Padre tutto il creato e l’umanità salvata ritornano per la sua gloria. Per
mezzo di Cristo viene offerta agli uomini ogni salvezza e per mezzo dell’intima
unione a lui sale al Padre ogni onore e ogni lode. Con la potenza dello Spirito
Santo il Risorto comunica agli uomini la sua salvezza che è dono di santificazione,
e nella comunione dello Spirito il popolo santificato offre per mezzo di Cristo
al Padre la lode somma e perfetta. Ogni celebrazione dell’anno liturgico
esprime questo dinamismo trinitario[7].
Dato
il carattere anamnetico della liturgia, che non celebra idee ma eventi
salvifici, il protagonismo del Padre, come fonte e come culmine del disegno
salvifico, non si concretizza in celebrazioni puntuali e specifiche. Il
concetto chiave che adopera il Catechismo
della Chiesa Cattolica per riassumere l’intervento del Padre nella liturgia
è quello della “benedizione”. Tutto ciò che viene dal Padre a noi si chiama
benedizione: “Benedire è un’azione divina che dà la vita e di cui il Padre è la
sorgente […] Dall’inizio alla fine dei tempi, tutta l’opera di Dio è benedizione” (CCC, nn. 1078 e 1079). La
benedizione del Padre, come dono supremo e creatore di vita nuova, è la
consegna del Figlio che si consuma nella Pasqua e il dono dello Spirito. Questa
benedizione divina è attualizzata nella liturgia, in modo eminente nella
celebrazione eucaristica. Ebbene, solo perché Dio benedice l’uomo, questi può a
sua volta benedire Dio, e quindi “riferito all’uomo, questo termine
significherà l’adorazione e la consegna di sé al proprio Creatore nell’azione
di grazie” (CCC, n. 1078)
Non ci sono
propriamente neppure feste del Figlio o dello Spirito Santo, ma ci sono feste
in cui si celebrano eventi della vita di Cristo o eventi in cui si manifesta la
potenza dello Spirito. In ogni caso, si tratta sempre di eventi in cui le tre divine
Persone sono protagoniste. Così, ad esempio, nella Domenica di Pasqua, la
solennità più importante dell’anno liturgico che fa memoria dell’evento
centrale della storia salvifica, la colletta della Messa del giorno si esprime
in questi termini: “O Padre, che in questo giorno, per mezzo del tuo unico
Figlio, hai vinto la morte e ci hai aperto il passaggio alla vita eterna,
concedi a noi, che celebriamo la Pasqua di risurrezione, di essere rinnovati
nel tuo Spirito, per rinascere alla luce del Signore risorto”.
Il Padre,
protagonista indiscusso di ogni mistero del Figlio è lodato e benedetto
nell’anamnesi del mistero che si celebra, riconoscendo finalmente in lui la
sorgente e la meta di ogni celebrazione. Cristo è il centro della celebrazione
perché è Lui il Rivelatore e il Donatore della pienezza trinitaria. Perciò,
nonostante il forte cristocentrismo che caratterizza l’anno liturgico, non
possiamo mai dimenticare la rivelazione trinitaria che Egli ci dona. Anche se
l’accento è posto sul mistero cristologico, lo si fa in una indissolubile e
chiara prospettiva trinitaria. Lo Spirito Santo è il misterioso protagonista
della storia della salvezza insieme a Cristo, vero precursore di Cristo,
presenza nascosta ma efficace nella memoria, invocato nell’epiclesi come
colui che attualizza nella vita della
Chiesa il mistero di Cristo. In ogni festa dell’anno liturgico c’è quindi
l’impronta della SS.ma Trinità.
Nell’attuale
liturgia romana, la solennità della SS.ma Trinità è collocata alla fine del
ciclo cristologico quasi come se fosse la celebrazione sintetica di tutto
quanto è stato celebrato nel corso dell’anno, da Natale a Pentecoste. Notiamo
che la parte iniziale della colletta della solennità fa un significativo
riferimento alla dimensione storico-salvifica del mistero trinitario: “O Dio
Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio, Parola di verità, e lo Spirito
santificatore per rivelare agli uomini il mistero della tua vita …” Sono però
le letture bibliche proposte dal Lezionario
della Messa ad illustrare quale tipo di relazione si stabilisce tra la
Trinità e l’assemblea celebrante:
Anno A: Es 34,4-6.8-9; 2Cor 13,11-13; Gv 3,16-18. Le
tre letture tracciano come un itinerario di rivelazione progressiva agli uomini
del mistero di Dio uno e trino: un Dio che si rivela come “Dio misericordioso e
pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà” (prima lettura); un Dio
che salva: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché
chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (vangelo); un
Dio che rimane sempre con noi: “vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace
sarà con voi” (seconda lettura). Dio ci si è rivelato nel Padre come creatore e
Signore dell’universo, principio e fine di ogni cosa; nel Figlio incarnato si è
rivelato come salvatore e redentore; e nello Spirito Santo, effuso nei nostri
cuori, come forza e presenza santificante.
Anno B: Dt
4,32-34.39-40; Rm 8,14-17; Mt 28,16-20. In questo ciclo, le letture bibliche ci
invitano ad approfondire, in una prospettiva di fede, i modi in cui Dio si
rivela e si fa presente nella storia della salvezza e nella nostra vita di ogni
giorno. La prima lettura propone un brano del discorso tenuto da Mosè al popolo
d’Israele uscito dall’Egitto e vicino ormai alle soglie della terra promessa.
Mosè invita i suoi ascoltatori a prendere coscienza della benevola vicinanza
che Dio ha mostrato con loro. Nella seconda lettura, l’apostolo Paolo ci esorta
ad aprire il nostro cuore allo Spirito. Trasformati dall’amore dello Spirito, i
nostri rapporti devono essere filiali verso il Padre e fraterni verso il
Cristo. Nel brano evangelico, Gesù ci esorta a passare dalla comunione
interpersonale con Dio alla testimonianza di questa esperienza.
Anno C: Pr 8,22-31;
Rm 5,1-5; Gv 16,12-15. Le tre letture bibliche sono un chiaro invito a non
fermarsi sulla soglia di un dogma, ma a contemplare la Trinità come un mistero
di comunione, di vita e di amore. Il brano del libro dei Proverbi parla della
Sapienza come la prima delle opere di Dio e suo strumento nella creazione del
mondo, che la tradizione cristiana ha interpretato riferito al Verbo incarnato
(cf Gv 1). San Paolo (seconda lettura) afferma che l’uomo, giustificato per la
fede, è “in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo”. Finalmente,
il brano evangelico ripropone le parole di Gesù che promette lo Spirito Santo
per portare a compimento la stessa opera sua in noi.
Riassumendo
quanto emerge dalla proposta del Lezionario della solennità della SS.ma
Trinità, possiamo affermare che la prospettiva di queste pericopi è chiaramente
storico-salvifica, anche se non mancano gli aspetti del mistero trinitario
detti immanenti. I temi principali riscontrati nelle letture sono: il dono
dell’amore del Padre; la nostra vita nello Spirito; la riconciliazione
dell’uomo con Dio; la nostra realtà di figli di Dio e coeredi della gloria del
Cristo risorto. Il ricupero di questi temi fa della solennità della SS.ma
Trinità una celebrazione quasi “sintetica” del mistero della salvezza, un
riconoscente sguardo retrospettivo sui misteri celebrati nei cicli natalizio e
pasquale.
4. Conclusione
Il
processo cristologico – trinitario della storia della salvezza determina, come
conseguenza, la struttura cristologico – trinitaria dell’anno liturgico, trama rituale della storia salvifica. La liturgia è uno strumento di comunicazione, o
meglio un mistero di comunione, esprime e rende accessibile l'azione salvifica
di Dio e costituisce parimenti l'alveo entro cui scorre la risposta dell'uomo.
Perciò stesso la liturgia è anche lo spazio dell'incontro dell'uomo con Dio e
il luogo del dialogo di salvezza di Dio col suo popolo.
Notiamo che in una teologia orientata antropologicamente
non si può prescindere dall’azione divina previa, che precede ogni pensiero e
azione dell’uomo. Il Dio che entra in relazione con l’uomo è ciò che rende
possibile la ricerca umana nei suoi confronti. E’ sempre Dio ad avere
l’iniziativa. Egli è uscito dalla luce inaccessibile della vita divina per
rivolgersi all’uomo e introdurlo nella pienezza della vita trinitaria. Il
Figlio di Dio si è incarnato proprio per questo: “perché abbiano la vita e
l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Il Catechismo
della Chiesa Cattolica, al n.1083, parla della “duplice dimensione della
liturgia cristiana come risposta di fede e di amore alle ‘benedizioni
spirituali’ di cui il Padre ci fa dono”.
Nella totalità delle celebrazioni del ciclo annuale ed
in ogni frammento dell’anno liturgico siamo in “sinergia” con l’opera della
SS.ma Trinità, celebriamo la sua mirabile opera di salvezza. Grazie alla
liturgia, siamo immessi nel mistero di Cristo che riproduce in noi l’immagine
perfetta del Figlio di Dio. Senza liturgia, come senza azione evangelizzatrice,
non esiste la Chiesa. Essa continua a edificare se stessa nel mondo come corpo
di Cristo e tempio dello Spirito Santo. In questo modo viene portata a compimento
la perfetta glorificazione del Padre e in lui si chiude l’opera della salvezza
dell’uomo, il disegno della sua volontà salvifica.
[1] La letteratura sulla SS.ma
Trinità e la liturgia non è abbondante. Rimandiamo al sempre valido e ormai
classico studio di C. Vagaggini, Il senso teologico della liturgia. Saggio di
liturgia teologica generale, Edizioni Paoline, Roma 19654; si
veda in particolare il cap. VII (pp. 196-242): “Dal Padre, per Cristo nello
Spirito Santo, al Padre: La liturgia e il movimento cristologico-trinitario
dell’economia divina”.
[2]
Cf J. Castellano Cervera, L’anno liturgico memoriale di Cristo e mistagogia della Chiesa con
Maria Madre di Gesù, Centro di cultura mariana “Mater Ecclesiae”, Roma
1987, 22.
[3]
Cf N. Ciola, Trinità, in Dizionario
teologico enciclopedico, Piemme, Casale Monferrato 20044,
1085-1088.
[4] Cf F. Brovelli, Appunti di studio sul tema
dell’Anno liturgico, in Aa.Vv.,
Mysterion. Nella celebrazione del Mistero
di Cristo la vita della Chiesa. Miscellanea Liturgica in occasione dei 70 anni
dell’Abate Salvatore Marsili (Quaderni di Rivista Liturgica - n. s. 5), Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1981,
541-556, qui 551-552.
[5]
Messe della Beata Vergine Maria,
Premesse, n. 11.
[6]
Cf J. López Martín, “In Spirito e verità”. Introduzione alla liturgia, Edizioni
Paoline, Cinisello Balsamo 1989, 101-102.
[7] Cf V. Sanson, Per
Gesù Cristo Nostro Signore. Corso di liturgia fondamentale (Studi e ricerche
di liturgia), Dehoniane, Bologna 1999, 107-132.