Franco Garelli, Piccoli
atei crescono. Davvero una generazione senza Dio?, Il Mulino, Bologna 2016.
231 pp.
Piccoli atei crescono è l’immagine della
maggior novità che si registra oggi in Italia quando si parla di giovani e
religione. Non si tratta dello slogan di una campagna anticredulità, messo in
giro da atei militanti per annunciare che il paese è molto più distaccato dal
cattolicesimo di quanto pensi la chiesa di Roma. Né, per contro, del grido di
allarme lanciato da alcuni ecclesiastici che temono che le chiese vuote di
giovani indichino la fine non tanto di un mondo, ma del mondo intero.
No. Questo libro è l’esito più rilevante di una
recentissima ricerca nazionale (che si compone di un’indagine quantitativa e di
molte interviste dirette) che mette a fuoco la situazione in campo religioso
dei giovani dai 18 ai 29 anni che vivono nelle più diverse zone della penisola,
abitano le nostre città e campagne e – a seconda dei casi – sono ancora alle
prese con gli studi, già affacciati al mondo del lavoro, oppure fanno parte di
quel mondo di precari e inoccupati che è uno dei crucci del paese. Si tratta
della versione nostrana dei Millennials,
della generazione Net o Next (e in parte Neet), da molti descritta come l’annello
debole del sistema, o con una preposizione che sa di privazione “senza fretta
di crescere”, senza un lavoro stabile e prospettive certe, senza un’intenzione
ravvicinata di famiglia, senza le prerogative sociali possedute dai coetanei
del passato, senza spazi e ruoli di rilievo capaci di offrire sicurezza e di
far sentire la propria impronta generazionale.
I giovani italiani di oggi sono anche “senza Dio”? L’immagine
è troppo forte, ma certo il fenomeno della “non credenza” tra le nuove
generazioni sta assumendo dimensioni impensabili soltanto sino a pochi anni fa,
di cui c’è scarsa consapevolezza sia nell’immaginario collettivo sia tra gli
stessi operatori del sacro...
(Prima pagina dell’Introduzione al volume)