Is 60,1-6; Sal 71 (72); Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12
Il
Sal 71, di cui la prima parte è ripresa come salmo responsoriale, proiettando
lo sguardo oltre gli orizzonti storici del tempo in cui fu scritto, annuncia
una salvezza, che verrà offerta dal Messia, senza limiti geografici e sociali:
la sua giustizia sarà perfetta, il suo dominio universale, il suo regno eterno,
il cosmo intero sarà coinvolto nella pace offerta in abbondanza dal Signore. I
Padri scorgono in questo salmo la preghiera con la quale la Chiesa invoca
l’avvento del regno di Cristo, affinché tutte le nazioni possano essere
partecipi della sua luce.
Isaia,
nella prima lettura, proietta lo sguardo oltre gli orizzonti storici di
quell’epoca e annuncia la vocazione universale di Gerusalemme. Vocazione di cui
è erede la Chiesa, nuova Gerusalemme chiamata ad illuminare tutti gli uomini
con la luce di Cristo. Paolo nella seconda lettura parla di un “mistero”,
termine che nella sua radice greca indica qualcosa di “silenzioso” e segreto
che è racchiuso nell’orizzonte invalicabile di Dio. L’Apostolo dichiara che
questo silenzio è stato squarciato e il messaggio che era nascosto nella mente
divina è stato rivelato e proclamato al mondo: i pagani di una volta e i giudei
di un tempo sono ora a parità di diritti. Di fronte al Signore che viene, ciò
che conta non è la razza o la cultura o la prudenza umana, ma la disponibilità
della fede e l’attenzione ai segni dei tempi. Infatti, vediamo che la salvezza,
offerta a tutti gli uomini, è accolta in primo luogo dai “lontani”. Gli
“esperti”, scribi e farisei, che sapevano tutto riguardo alle Scritture, non
hanno cercato e perciò non hanno trovato il Messia. I Magi, invece, si sono
messi in cammino, hanno interrogato, cercato, hanno osservato i segni del
cielo, si sono informato sulle Scritture e hanno trovato. I Magi insegnano che
il credente non è un semplice possessore, ma un instancabile cercatore di Dio.
Il senso dinamico della fede si esprime poi nella chiamata a rendere
testimonianza, ad annunziare a tutti la salvezza sperimentata, come i Magi nel
loro ritorno da Betlemme. La buona novella del vangelo è indirizzata a tutti e
deve perciò essere annunciata a tutti.
La
simbologia della luce, già presente nella liturgia natalizia, la ritroviamo
nella liturgia dell’Epifania con una sottolineatura particolarmente “epifanica”
che si proietta sul mondo intero: “Oggi in Cristo luce del mondo tu hai
rivelato ai popoli il mistero della salvezza…” Queste parole del prefazio
invitano ad interpretare in senso cristologico la luce di cui parlano la prima
lettura e il brano evangelico. La luce è il simbolo della presenza e del
rivelarsi di Dio all’umanità che si realizza pienamente in Cristo. L’Apocalisse
chiama il Cristo “la stella del mattino” (Ap 2,28; 22,16). Nella preghiera dopo
la comunione supplichiamo Dio affinché questa sua luce “ci accompagni sempre in
ogni luogo…”
Il
nocciolo del messaggio dell’Epifania è quindi che Dio si manifesta, si fa uomo
e chiama tutti a sé nel suo regno. Dice san Leone Magno: “Celebriamo nella
gioia [...] l’inizio della chiamata alla fede di tutte le genti” (Liturgia delle Ore: Ufficio delle letture, seconda lettura). L’Epifania ci ricorda che
Cristo è venuto per chiamare alla salvezza tutta l’umanità, simbolicamente
rappresentata dai Magi di cui parla il vangelo. La Chiesa non può tenere per sé
questo mistero, ma deve annunciarlo al mondo. Essa non può venir meno a questo
compito che la rende insieme destinataria e serva della buona novella del
vangelo. Ecco dunque che la solennità dell’Epifania diventa la logica e
naturale conclusione del Natale e proietta tutti noi, come i pastori e come i
Magi, sulle strade del mondo per annunciare a tutti gli uomini le meraviglie di
Dio.