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domenica 29 gennaio 2017

Memoria di sant’Agata, Vergine e Martire (5 febbraio)




Agata subì il martirio a Catania, probabilmente sotto l’imperatore Decio (251). Nel canone romano il suo nome è associato a quello di santa Lucia. L’antico Martirologio geronimiano (secolo V) colloca la sua “deposizione” al 5 febbraio, data in cui la memoria della santa è stata sempre celebrata nella liturgia romana. Il  papa san Simmaco (498-514) introdusse il culto della santa a Roma. E nel secolo VI sant’Agata era venerata sia in Occidente che in Oriente. 

Colletta del MR 1962:

Deus, qui inter cetera potentiae tuae miracula etiam in sexu fragili victoriam martyrii contulisti: concede propitius; ut, qui beatae Agathae Virginis et Martyris tuae natalicia colimus, per eius ad te exempla gradiamur.

Colletta del MR 2002:

Indulgentiam nobis, quaesumus, Domine, beata Agatha virgo et martyr imploret, quae tibi grata semper exstitit et virtute martyrii et merito castitatis.

“Donaci, Signore, la tua misericordia, per intercessione di sant’Agata, che risplende nella Chiesa per la gloria della verginità e del martirio”.

La colletta del Messale Romano del 1962 fa un generico riferimento all’imitazione degli esempi della santa. La colletta del Messale Romano del 2002 è presa con qualche leggera variante redazionale dal Sacramentario Gregoriano Adrianeo, n. 131: “Indulgentiam nobis, domine, beata agathe martyr imploret, quae tibi semper existit et merito castitatis et tuae professione virtutis”. Notiamo che la traduzione italiana non distingue tra la “virtus” del martirio e il “merito” della castità del testo latino del Messale, forse perché sia il martirio che la castità pur essendo anzitutto doni della potenza della grazia di Dio sono anche merito della creatura umana. Altre traduzioni, come quella spagnola, conservano l'espressione del testo latino: "...por la fortaleza che mostrò en su martirio y por el mérito de su castidad". Giustamente, poi, il MR 2002, come la prima edizione del 1970, ha cancellato il riferimento al sesso fragile (“sexu fragili”) del MR 1962; si tratta di una espressione che non corrisponde all’attuale visione che si ha della donna.