In
spiritu humilitatis et in animo contrito suscipiamur a te, Domine; et sic fiat
sacrificium nostrum in conspectu tuo hodie, ut placeat tibi, Domine Deus.
“Con i sentimenti di uno spirito umiliato, e
d’un cuore contrito, possiamo noi, o Signore, esserti accetti; e sia tale oggi
il nostro Sacrificio agli occhi tuoi da meritare, o Signore Iddio, le tue
compiacenze” (Mario Righetti, Storia
liturgica. III, La Messa, Àncora,
Milano, edizione anastatica 2005, p. 334).
“Umili e pentiti accoglici, o Signore: ti sia
gradito il nostro sacrificio che oggi si compie dinanzi a te” (Messale Romano in italiano).
Questa preghiera, fra le più antiche del
gruppo di preghiere dell’offertorio del Messale
di Pio V e presente anche nel Messale
di Paolo VI, la si incontra già al IX
secolo. Appare per la prima volta nel sacramentario di Amiens, nella
parte offertoriale. Nella liturgia romana la troviamo nell’Ordo della
Curia Romana del secolo XIII e in seguito nel Messale di Pio V.
Il testo della preghiera proviene da Dn
3,39-40: “Potessimo essere accolti con il cuore contrito e con lo spirito
umiliato, come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli.
Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito…”. Antioco IV Epifane
entrato
a Gerusalemme ne saccheggiò il tempio e fece costruire un presidio militare (l’Aera)
ove lasciò una guarnigione. Inoltre ordinò la costruzione di un altare dedicato
a Zeus Olimpo al posto dell’altare degli olocausti, nel cuore del tempio (15
dicembre 167 a.C.); è ciò che Dn 9,27 definisce “l’abominio devastante”. Furono
prese inoltre precise misure repressive contro il culto ebraico, proibendo la
circoncisione e la celebrazione delle feste, sotto pena di morte (cf. 1 Mac 1,41-64).
Quindi nessun rito legittimo poteva essere compiuto
come offerta al Dio di Israele (cf. Dn 3,38). Il credente offriva allora al suo
Dio la propria vita, chiedendo che fosse accolta come un sacrificio di
olocausto. Questa preghiera liturgica è un richiamo al Sal 51,18-19 e troverà
sviluppi nuovi nel Nuovo Testamento: “Vi
esorto fratelli, per la misericordia di Dio, offrire i vostri corpi come
sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale”
(Rm 12,1; cf. Fil 2,17).
Dopo l’offerta dei doni, la preghiera In spiritu
humilitatis esprime il senso ultimo di ogni oblazione esteriore: il dono
del cuore “umile e pentito” accompagnato dalla disposizione intima al
sacrificio personale. La formula si esprime al plurale, e quindi il sacerdote
celebrante la pronunzia a nome suo e del resto dell’assemblea.