La cosiddetta “teologia narrativa” è un modo di comunicare il
messaggio cristiano che ne pone in risalto il suo carattere storico e la sua
applicazione o dimensione pratica. I racconti biblici costituiscono il punto di
riferimento centrale di tutte le narrazioni cristiane. La lettura narrativa
della Bibbia recupera il suo senso di storia salvifica e fornisce una forma di
incontro con la Parola che ci riguarda. Il “memoriale” biblico non è solo
commemorazione, ma evento salvifico permanente, perché in sé custodisce un
intervento divino che è eterno e può, perciò, attraversare la tridimensionalità
del tempo irradiandola.
Infatti, narrare non è solo ricordare, ma
anche generare una reviviscenza. La narrazione può avere quindi una funzione
creatrice, che possiamo chiamare “sacramentale”: non per nulla la messa ha nel
suo cuore “la preghiera eucaristica”, che comprende la narrazione evangelica
dell’ultima cena, ed è così che si attua la presenza reale di Cristo nell’assemblea
liturgica sotto i segni del pane e del vino.
La teologia narrativa è un sano complemento
per una lettura della fede cristiana eccessivamente concettuale o astratta. E’ un
altro modo di fare teologia, che non vuole smentire il modo clasico: la narrazione non deve far perdere di vista altre
dimensioni della teologia, in particolare la sua dimensione speculativa.