In
un suo recente studio, il Prof. Paolo Tomatis afferma giustamente che non si dà
atto di tradizione senza un processo di traduzione e di inculturazione. Si apre
quindi l’interrogativo circa le “regole del gioco” da rispettare perché la
traduzione non costituisca un tradimento della Tradizione, ma la sua concreta
possibilità. In seguito, Tomatis dice che riascoltando le diverse voci dei
Congressi di Assisi del 1956 e del 1986, emergeranno le principali tensioni
entro cui tali regole saranno chiamate a precisarsi e attuarsi. Il recente
Congresso di Assisi, celebrato nel 2016, non ha potuto non tener conto degli
avvenimenti che hanno fortemente segnato una nuova fase della recezione della
riforma e dei processi che reclamano una nuova tappa del rinnovamento
liturgico. La novità più rumorosa può essere identificata nel movimento di “riforma
della riforma” che ha raccolto istanze e sensibilità differenti. Alla fine di
una breve esposizione al riguardo del pensiero di Joseph Ratzinger, Tomatis
conclude con queste parole:
“…
l’insistenza sul primato dell’azione di Dio rispetto all’azione della comunità
è tanto pertinente quanto problematica, nella misura in cui rischia di separare
l’azione di Cristo dall’azione del soggetto ecclesiale, ipostatizzando una data
forma rituale come depositaria della qualità spirituale e sacramentale del rito
cristiano. La doverosa sottolineatura del primato dell’orientazione spirituale
sull’adattamento comunitario non può ‘tradursi’ in un rifiuto del compito della
traduzione: semmai lo avverte dei possibili equivoci, che minacciano la
singolare natura dell’esperienza liturgica”
Paolo
Tomatis, La traduzione e la forma, in
Andrea Grillo – Paolo Tomatis (edd.), Dove
va il movimento liturgico? Atti della
XLIV Settimana di Studio dell’Associazione di Professori di Liturgia, CLV –
Edizioni Liturgiche, Roma 2017, pp. 103-136 (qui p. 117).