Gn
3,1-5.10; Sal 24 (25); 1Cor 7,29-31; Mc 1,14-20.
Il
Sal 24 è una preghiera per il perdono e la salvezza; il salmista, fiducioso non
nei suoi meriti ma nella divina misericordia, invoca protezione contro i nemici
e perdono per i propri peccati. L’atteggiamento spirituale che il testo suppone
è quello dei cosiddetti “poveri di Jhwh”, di coloro cioè la cui ultima fiducia
e speranza è solo in Dio. Riprendendo le parole del salmo, noi gridiamo aiuto a
Dio e insieme ci abbandoniamo con fiducia assoluta al Signore che è giusto e
misericordioso, ma soprattutto buono. Nel farlo, siamo consapevoli che è Dio
stesso colui che ci guida nella sua verità e ci indica la “via giusta” da
seguire. Il tema della via giusta fa riferimento al tema centrale di questa
domenica: la conversione.
Domenica
scorsa abbiamo visto che Dio ci si manifesta e chiama ciascuno di noi per nome.
Oggi ci viene proposto il contenuto fondamentale di questa chiamata. Nel brano
evangelico, san Marco riassume la predicazione di Gesù con queste parole: “Il
tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel
vangelo”. La chiamata che Dio rivolge a tutti noi è un pressante invito alla
conversione e alla fede. Le altre due letture d’oggi illustrano i due motivi
per cui è necessaria questa conversione. San Paolo fa un forte richiamo alla precarietà
della condizione terrestre delle cose: “il tempo si è fatto breve”. Da parte
sua, il profeta Giona ci ricorda che la conversione è necessaria per evitare il
giudizio di condanna da parte di Dio. L’invito di Dio a mutare vita non è
caduto invano per i niniviti che ascoltarono le parole del profeta, fecero
penitenza e furono salvi. Così pure l’invito di Gesù è stato prontamente
accolto da Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni che, lasciate le reti e il loro
padre, “andarono dietro a lui”.
Gesù
introduce l’invito alla conversione con le parole “il tempo è compiuto e il
regno di Dio è vicino”. Abbiamo visto che anche san Paolo parla di un tempo
ormai fattosi breve. Ci possiamo domandare cosa significano queste affermazioni
e perché sono presentate come qualcosa che invita alla conversione.
L’affermazione di Gesù sul tempo compiuto presuppone un progetto di Dio che si
compie appunto nel tempo: c’è quindi un tempo dell’attesa o della preparazione,
ed un tempo del compimento o della realizzazione. Ebbene, con l’incarnazione
del Figlio di Dio, il progetto del Padre annunciato dai profeti dell’Antico
Testamento si è compiuto: il “regno di Dio” è vicino. Vicino è ciò che
incomincia già a influire sulla vita dell’uomo e con cui egli si deve misurare.
Il progetto che Dio ha nella storia è il “regno di Dio”, il quale intende
ristabilire la sovranità di Dio e quindi un nuovo rapporto tra Dio e l’uomo.
Ciò significa che l’uomo non può più continuare a vivere come prima, secondo la
scala di pseudo-valori che ha privilegiato. Il messaggio viene rivolto a tutti
noi: dobbiamo cambiare di rotta e indirizzare la nostra vita verso i valori di
vita proposti dal vangelo, che è la buona novella o il lieto annunzio della
salvezza che Gesù porta all’umanità. L’invito a “convertirsi” e a “credere” al
vangelo non sono due realtà separate: non c’è fede senza vita morale e non c’è
morale cristiana che non sia fondata nella fede. Credere vuol dire abbracciare
l’intero messaggio portato da Cristo e renderlo programma del proprio pensare,
del proprio amare e del proprio agire.
L’eucaristia
a cui partecipiamo ogni domenica è un traguardo della conversione e della fede.
Essa è però anche un rilancio su questa via perché è “sorgente inesauribile di
vita nuova” (preghiera dopo la comunione).