Is 60,1-6; Sal 71 (72); Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12
Possiamo
stabilire un raffronto tra il racconto di san Luca (2,8-20), che abbiamo letto
nella notte di Natale e nella Messa dell’aurora, in cui l’evangelista parla dei
pastori che si recano a Betlemme perché un angelo è apparso loro e ha detto che
nella città di Davide è nato il Cristo Salvatore, e il racconto di san Matteo
sui Magi proposto come brano evangelico del giorno dell’Epifania. Dal
confronto, è facile capire che la stella apparsa ai Magi ha lo stesso compito
dell’angelo apparso ai pastori. Non soltanto la gente povera e semplice è
invitata dal cielo ad incontrare il Signore, ma anche i Magi, cioè i sapienti
dell’epoca e per di più stranieri; anzi, anche ai sacerdoti e agli scribi di
Gerusalemme, e persino allo stesso Erode viene dato l’annunzio. San Leone Magno
in una delle sue omelie per l’Epifania, riportata dall’Ufficio delle letture
d’oggi, afferma che “celebriamo nella gioia dello spirito il giorno della
nostra nascita e l’inizio della chiamata alla fede di tutte le genti”. È questo
il messaggio dell’Epifania.
La
prima lettura è tutta incentrata sulla città di Gerusalemme, non tanto come
realtà urbana, quanto come comunità dell’alleanza. Da essa sorgerà la luce che
splenderà agli occhi di tutti i popoli e li attirerà a sé. Ancora segnato dal
particolarismo religioso, il testo d’Isaia, accostato a quello della lettera
agli Efesini, proposto dalla seconda lettura, acquista tutto il suo significato
profetico: tutte “le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la
stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa
promessa per mezzo del Vangelo”. L’Epifania del Signore è fondamento ed
esigenza dell’annuncio del Vangelo a tutti i popoli, ai quali ormai è aperto
l’accesso al Regno.
I
Magi che vengono dall’Oriente accolgono l’annuncio. I sacerdoti e gli scribi di
Gerusalemme restano distratti. Il re Erode trama segretamente di sopprimere il
bambino. Il contrasto è violento e chiaramente intenzionale: con esso
l’evangelista vuole mostrare come anticipato fin dalla nascita di Gesù il
rifiuto dei giudei, e quindi la necessità di affidare ad altri, ai gentili, il
Regno. L’Epifania è già un primo squarcio di luce che lacera il velo del tempio
che separava e nascondeva il “Santo dei santi”. La lacerazione di quel velo
sarà totale e definitiva nell’evento pasquale, quando l’urto dell’onda luminosa
del Risorto romperà le anguste barriere di separazione tra cielo e terra, tra
vita e morte, tra uomo e uomo. L’Epifania, come il Natale, è il primo bagliore
di una Pasqua ormai annunciata.
Dio
continua a manifestarsi per la salvezza di tutti. Solo chi vive nella
disponibilità della fede e nell’attenzione ai segni dei tempi, riesce a
superare i momenti bui della vita e giunge a incontrare il Signore. I Magi sono
il simbolo di tutti coloro che affrontano un lungo percorso ad ostacoli senza
cedere ai tentativi di depistaggio o disorientamento, senza lasciarsi catturare
dagli ambigui sorrisi del potere.
I
doni che i Magi offrono a Gesù bambino sono simbolo della nostra offerta
eucaristica. Nella messa non offriamo più oro, incenso e mirra, ma “colui che
in questi santi doni è significato, immolato e ricevuto: Gesù Cristo nostro
Signore” (preghiera sulle offerte). La celebrazione eucaristica fa parte della
nostra risposta fondamentale alla manifestazione di Dio nel Cristo, e postula
ancora, di natura sua, la risposta di tutta la vita vissuta.