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venerdì 8 giugno 2018

DOMENICA X DEL TEMPO ORDINARIO ( B ) - 10 Giugno 2018






Gen 3,9-15; Sal 129; 2 Cor 4,13-5,1; Mc 3,20-35

 

Il Sal 129, anche se è una supplica che spesso viene ridotta al rango di canto funebre, resta uno splendido inno alla gioia del perdono. La preghiera del salmista diventa, ad un tratto, preghiera d’Israele: la sua attesa della misericordia divina è quella di tutto il popolo e su questa misericordia può contare, perché essa è grande e il Signore lo libererà dai suoi peccati. Non è solo il salmista, non è solo Israele, è tutto il mondo della miseria umana che dal profondo del peccato innalza il suo grido al Signore misericordioso. Con le parole del salmo esprimiamo umilmente la nostra condizione di peccatori e la grande fiducia nell’amore di Dio che non abbandona mai i suoi figli.

Al centro delle letture odierne sta la lotta dell’uomo contro le potenze del male. Essa è un’esperienza quotidiana, caratterizzata spesso da cedimenti e sbagli, iniziati con l’amara esperienza del peccato primordiale di Adamo ed Eva, di cui ci parla la prima lettura. Questa pagina del libro della Genesi intende dare una risposta alla domanda: da dove viene il male morale? Con il linguaggio simbolico degli antichi racconti eziologici, si afferma che la fonte del male morale è l’uomo stesso che liberamente, si lascia condizionare dal tentatore ed opera scelte contrastanti con Colui che dovrebbe essere il valore fondamentale della sua vita. Il racconto biblico illustra le quattro rotture provocate dal peccato: con Dio, di cui si fugge per paura; con gli uomini, con i quali si rompe la solidarietà; con se stessi, con relativa interiore insicurezza e debolezza; con la natura, che invece di condurre a Dio ne diventa un ostacolo. Il racconto della Genesi si chiude con la maledizione del serpente, il tentatore, e con misteriose parole di speranza per l’umanità: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”. Profezia di una lotta dura e aspra, ma con un finale vittorioso. In altre parole, l’essere umano, cioè il figlio della donna, avrà la meglio sul serpente tentatore.

Questa profezia si avvera in Cristo, presentato da san Marco nel brano evangelico d’oggi come “l’uomo forte” che è in grado di difendersi da ogni assalto del male, da “satana”. Giovanni Battista aveva già presentato Gesù come “uno più forte” che viene dopo di lui e che battezza con lo Spirito Santo (cf. Mc 1,7-8). Gesù vince il male perché cede solo alle richieste di Dio e alle urgenze dell’uomo, non ai vari “demoni” del suo tempo. Con lui e in lui è veramente giunto il regno di Dio ed è iniziato il crollo del regno di satana. Gesù è venuto per trasferirci dal regno delle tenebre, in cui domina satana e la sua logica di menzogna, al regno del Figlio diletto, quello dove Gesù regna e il vangelo diventa norma dei nostri comportamenti. In questo modo, viene anticipata quella vittoria finale del bene e dell’uomo rappresentata dalla risurrezione, di cui parla san Paolo nella seconda lettura: “colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui”.