Translate

lunedì 11 giugno 2018

IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA NELL’ITINERARIO DI INIZIAZIONE CRISTIANA?




In queste ultime settimane, in molte parrocchie sono state celebratele le prime Comunioni dei bambini. Un parroco mi ha parlato delle sue perplessità sulla previa confessione sacramentale richiesta a questi bambini. Il tema l’ho trattato nel mio volume “L’iniziazione cristiana. Battesimo e confermazione”, pubblicato dalla LAS nel 2010 [ristampa 2014] (pp. 328-331). Riproduco in seguito qui sotto il testo. In questo contesto, invito anche a leggere l’interessante e recentissimo post di Andrea Grillo sull’argomento nel suo blog “Come se non”: http://www.cittadellaeditrice.com/munera/il-dispositivo-ratzinger-una-delle-radici-dellattuale-paralisi-ecclesiale/.

Per coloro che sono stati battezzati da bambini, la prassi pastorale, fedele alla normativa della Chiesa latina, colloca la “prima confessione” – cioè la prima celebrazione del sacramento della penitenza o riconciliazione – in un tempo anteriore rispetto alla prima ricezione del sacramento dell’eucaristia. Cosa pensare di questa consuetudine che dura ormai da diversi secoli?

Fino al VI secolo la Chiesa antica sviluppò la prassi penitenziale indicata in Mt 18,18 e 1Cor 5, la quale sostanzialmente prevede che colui che ha peccato gravemente viene escluso pubblicamente dalla comunione eucaristica e, dopo un certo periodo di purificazione caratterizzato da duri esercizi penitenziali, viene di nuovo solennemente riammesso. Nei secoli successivi, il sacramento della riconciliazione assumerà diverse forme fino all’attuale, mantenendo, comunque, sempre la verità sostanziale, che è quella di essere il sacramento del perdono di Dio per i cristiani. Viene allora spontanea la domanda: quando si diventa cristiani, membri della Chiesa? Una prima risposta elementare è che si diventa cristiani con il battesimo. Notiamo però che, come abbiamo visto nella parte storica, nelle antiche fonti bibliche e patristiche, quando si parla di “battesimo (nello Spirito)”, in realtà si fa ricorso ad un termine ‘onnicomprensivo’: il battesimo è solo l’inizio del cammino sacramentale che introduce nel mistero di Cristo e della Chiesa, così che esso non va visto in sé e per sé ma come premessa per quella piena inserzione, che, passando attraverso la confermazione, si raggiunge nella partecipazione all’eucaristia. Paolo, nella medesima lettera in cui scrive che “siamo battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo” (1Cor 12,13), afferma che diventiamo Chiesa non semplicemente per il battesimo ma anche per l’eucaristia: “poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane” (1Cor 10,17).

Come abbiamo detto sopra, esiste una sorta di intrinseca finalizzazione del battesimo e della confermazione all’eucaristia, la quale è da considerarsi il sacramento vertice, simbolicamente più ricco e oggettivamente più realizzante la comunità storica di salvezza. La finalità dell’iniziazione cristiana – introdurre il credente nella Chiesa – è propriamente raggiunta quando il credente partecipa all’eucaristia, il sacramento che fa la Chiesa. Non si è ancora ‘iniziati’, cioè non si è ancora pienamente cristiani, finché non ci siano ricevuti tutti e tre i sacramenti dell’iniziazione.

Se la penitenza è il sacramento del perdono di Dio per chi è già cristiano e, d’altra parte, si diventa cristiani attraverso la ricezione dei tre sacramenti dell’iniziazione, allora la logica intrinseca vuole che la penitenza sia, e non possa che essere, il quarto sacramento, cioè il sacramento del perdono offerto solo a chi (bambino o adulto), con l’ammissione all’eucaristia, ha già compiuto il percorso dell’iniziazione cristiana. Il sacramento della riconciliazione, pur essendo ritenuto dalla tradizione un secondo battesimo, riguarda il cristiano peccatore che ha ricevuto già i tre sacramenti dell’iniziazione.

Stando così le cose, non si può non condividere le perplessità e il senso di contraddizione percepiti da alcuni Autori di fronte alla prassi oggi generalizzata che distanzia i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana e vi inserisce la confessione sacramentale. Se la natura del sacramento della riconciliazione si definisce fondamentalmente in termini di ‘riammissione all’eucaristia’, non è facilmente comprensibile che la sua celebrazione venga posta nel cammino antecedente all’eucaristia e, quindi, prima della piena appartenenza alla comunità ecclesiale.

Con l’obbligo di confessarsi e comunicarsi a partire dall’età della discrezione, stabilito, come noto, dal concilio Lateranense IV (1215), per un verso è sancito il distacco dell’eucaristia dal battesimo, ricevuto nei primi giorni di vita, per un altro, più o meno consapevolmente, si ratifica e si introduce la prassi secondo la quale, per accostarsi degnamente all’eucaristia (anche per la prima volta), bisogna ricevere il perdono sacramentale delle proprie colpe; in tal modo la confessione individuale dal XIII secolo in poi viene sempre più severamente richiesta come condizione per ammettere alla prima comunione. Anche il concilio di Trento, nel Decreto sul santissimo sacramento dell’eucaristia, del 11 ottobre 1551, si colloca nella linea dell’anticipo della confessione rispetto alla comunione eucaristica, aggiungendo che questa è una consuetudine della Chiesa: “La consuetudine della Chiesa dichiara che quell’esame è necessario perché nessuno, consapevole di essere in peccato mortale, per quanto possa ritenersi contrito, si accosti alla santa eucaristia senza aver premesso la confessione sacramentale. Il santo sinodo stabilisce che questa norma debba essere sempre osservata da tutti i cristiani”[1].

A prima vista il testo del concilio di Trento sembrerebbe fare un’affermazione generale che vale per tutti, bambini o adulti, già ammessi alla prima eucaristia o non ancora ammessi. E’ lecito però ritenere che il problema di cui ci stiamo occupando qui sia assente dalle intenzioni di Trento, dato che la disarticolazione dei sacramenti dell’iniziazione era da tempo un fatto consumato: al concilio non sta a cuore dare delle indicazioni per chi viene ammesso per la prima volta all’eucaristia, ma intende semplicemente obbligare alla previa riconciliazione sacramentale chi già si accosta all’eucaristia e ha coscienza di essere in peccato mortale, sostenendo che per lui, nel caso della presenza del sacerdote e quindi della possibilità concreta di accedere al sacramento del perdono, la semplice fede (della dottrina luterana) e la contrizione non sono sufficienti per accedere degnamente all’eucaristia.

In ogni modo, notiamo che l’attuale normativa ecclesiale è chiara. Dopo la celebrazione del concilio Vaticano II, nel 1973, la Dichiarazione congiunta tra la Congregazione del clero e la Congregazione per la disciplina dei sacramenti, dichiarazione approvata da Paolo VI, riprende una disposizione dell’Allegato al Direttorio catechistico generale del 1971 che recita: “… la Santa Sede ritiene opportuno che la consuetudine vigente nella Chiesa di premettere la confessione alla prima comunione, si debba conservare”, e si dichiara che è necessario porre termine ad ogni esperimento contrario fino a quel momento tollerato[2]. La stessa normativa troviamo nell’attuale CIC, al can. 914: “E’ dovere innanzi tutto dei genitori e di coloro che ne fanno le veci, oltre che del parroco, curare che i fanciulli, pervenuti all’uso di ragione, siano debitamente preparati e che al più presto, premessa la confessione sacramentale, siano nutriti con questo cibo divino…”

Il riferimento primo resta sempre, come precisa bene la Declaratio, la prescrizione del concilio Lateranense IV, segnalata sopra. Anche il CCC, al n. 1457, afferma che “i fanciulli devono accostarsi al sacramento della penitenza prima di ricevere per la prima volta la santa comunione”. Eppure il problema non sembra che sia stato risolto in modo soddisfacente per tutti nell’attuale momento ecclesiale di riscoperta e rivalutazione dei sacramenti dell’iniziazione come processo sacramentale unitario. Trattandosi di una prassi frutto di una scelta legislativa, sembra che ci sia sempre spazio per ulteriori approfondimenti dottrinali e, se è il caso, per introdurre opportuni correttivi. Un acuto teologo afferma:

“inserire la penitenza non solo stabilmente, ma addirittura originariamente nel passaggio tra battesimo ed eucaristia significa compromettere precisamente questo passaggio, e tende non soltanto a rendere ordinario ciò che è straordinario –cioè il caso della necessità della penitenza per ricongiungere battesimo ed eucaristia (e questo sarebbe il meno), ma soprattutto, e con molto maggior disagio, a rendere straordinario ciò che è ordinario – ossia il “normale” passaggio dal battesimo all’eucaristia”[3].

Concludendo notiamo che proporre eventualmente – come fanno oggi alcuni Autori – la posticipazione della confessione rispetto alla prima comunione non significherebbe negare la necessità di un cammino penitenziale di conversione che porti alla riconciliazione con Dio chi sta facendo il cammino d’iniziazione cristiana; significherebbe piuttosto affermare che in questo caso, tale riconciliazione può essere ottenuta in una forma diversa rispetto a quella di coloro che sono già pienamente cristiani. Per quanto riguarda i bambini, occorrerà che essi prima di avvicinarsi all’eucaristia per la prima volta, siano iniziati alle forme ‘quotidiane’ di vivere la penitenza (perdono vicendevole, preghiera, carità, accettazione della correzione, piccoli sacrifici per gli altri, solidarietà...) alle quale si possono aggiungere adeguate celebrazioni penitenziali non propriamente sacramentali. 



[1] COED, 696; DH, 1647.
[2] AAS 65 (1973) 410; EV 4, p. 398.
[3] A. Grillo, Battesimo, esperienza e fede. Riflessione sull’insegnamento della “iniziazione cristiana” in alcuni sviluppi della teologia attuale, in M. Aliotta (ed.), Il sacramento della fede. Riflessione teologica sul battesimo in Italia = ATI Library 6, San Paolo, Cinisello Balsamo 2003, p.192.