Is 49,1-6; Sal 138 (139); At
13,22-26; Lc 1,57-66.80
La
solennità della Natività di san Giovanni Battista è situata sei mesi prima del
Natale (in omaggio al testo di Lc 1,36) e tre mesi dopo l’Annunciazione. Già
nel secolo III, fondandosi sul simbolismo del Cristo-sole, nella riflessione
sulla storia della salvezza fu dedicata particolare attenzione ai solstizi;
così si arrivò all’opinione che il Battista fosse concepito all’equinozio di
autunno e nato al solstizio di estate, poiché nel solstizio di estate la
lunghezza dei giorni incomincia a diminuire, mentre riprende ad aumentare dopo
quello di inverno, in cui celebriamo la nascita di Gesù. La tradizione dei
Padri vede in questo una conferma alle parole del Battista: “Egli deve crescere
e io invece diminuire” (Gv 3,30). Al momento dovuto, Giovanni Battista
scomparirà dalla scena per far posto a Cristo.
Le
letture bibliche e le preghiere della liturgia odierna sottolineano il ruolo di
Giovanni come “Precursore”, come colui che “prepara”, “annuncia”, “indica”,
“rende testimonianza alla luce” che è Cristo Signore. Egli, come dice
sant’Agostino, “sembra sia posto come un confine fra due Testamenti, l’Antico e
il Nuovo” (Discorso proposto
dall’Ufficio delle letture). Giovanni Battista è l’ultimo profeta di Israele e
il primo del nuovo Israele.
La
prima lettura riporta un brano del secondo canto del “Servo del Signore”,
misteriosa figura messianica che viene presentata come un profeta, oggetto di
una predestinazione divina; la sua missione è estesa non solo a Israele, ma
anche alle nazioni per illuminarle con la luce della salvezza. Il brano di
Isaia è riferito anzitutto a Cristo. Ma anche di Giovanni si può dire: “il
Signore dal seno materno mi ha chiamato”. Anche il Precursore è stato chiamato
ad essere “testimone della luce”: “Egli non era la luce, ma doveva render
testimonianza alla luce” (Gv 1,8). Sulla stessa linea, nel brano evangelico,
san Luca, nel narrare la nascita di Giovanni, stabilisce un certo parallelismo
con quella di Cristo, ma al tempo stesso fa emergere la totale finalizzazione
del Precursore al Salvatore. La frase finale: “E davvero la mano del Signore
era con lui” (v. 66) e l’aggiunta del v. 80 sulla crescita mirabile del bambino
evocano le stesse circostanze e realtà che si ripeteranno in modo pieno in
Cristo Gesù. Giovanni ci si presenta come vera icona di Cristo.
La seconda
lettura riporta un brano del discorso tenuto da Paolo ad Antiochia. L’Apostolo
sottolinea il ruolo di Precursore del Messia che Giovanni ha saputo
interpretare con fedeltà: “Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene
dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali”. Giovanni ha
avuto l’umiltà e la saggezza di sentirsi solo strumento in ordine a Cristo. Non
ha preteso di attirare su di sé gli sguardi degli uomini, ma si è preoccupato
unicamente di orientarli verso il Cristo. Ognuno di noi nella storia ha un suo
ruolo da compiere, una sua missione da espletare. Ruolo e missione che non
devono essere fraintesi o indebitamente esaltati.
Come ci ricorda il prefazio
della messa, Giovanni non solo è stato eletto e consacrato “a preparare la via
a Cristo Signore”, ma anche ha indicato al mondo “l’Agnello del nostro
riscatto”. L’orazione dopo la comunione riprende lo stesso tema quando afferma
che la Chiesa, “nutrita alla cena dell’Agnello”, è invitata a riconoscere
“l’autore della sua rinascita, Cristo, che la parola del Precursore annunziò
presente in mezzo agli uomini.