At
12,1-11; Sal 33 (34); 2Tm 4,6-8.17-18; Mt 16,13-19
La Chiesa celebra e onora
assieme nello stesso giorno i due santi apostoli Pietro e Paolo, che “Dio ha
voluto unire in gioiosa fraternità” (prefazio della messa). Si tratta di due
personaggi molto diversi, ma ambedue spinti dallo stesso amore per Cristo e la sua
Chiesa. Secondo sant’Agostino, il loro martirio è segno di unità della Chiesa:
“Un solo giorno è consacrato alla festa dei due apostoli. Ma anch’essi erano
una cosa sola. Benché siano stati martirizzati in giorni diversi, erano una
cosa sola. Pietro precedette, Paolo seguì. Celebriamo perciò questo giorno di
festa, consacrato per noi dal sangue degli apostoli” (Discorso letto nell’Ufficio delle letture). Celebriamo il mistero
della Chiesa, fondata sul sangue e sull’insegnamento degli apostoli (cf. l’orazione
colletta).
Il brano degli Atti degli
Apostoli riportato dalla prima lettura racconta che re Erode fece mettere in
prigione Pietro per poi ucciderlo appena passata la Pasqua. Ma Dio lo liberò
prodigiosamente in virtù della preghiera incessante della comunità di
Gerusalemme. Nella seconda lettura Paolo, ormai al tramonto, fa il bilancio
della sua vita e anche lui, nonostante le difficoltà trovate e le prove subite
nell’adempimento della sua missione apostolica, dichiara che il Signore gli è
stato vicino e, guardando al futuro, conclude: “il Signore mi libererà da ogni
male…” Perciò nel salmo responsoriale proclamiamo: “Il Signore mi ha liberato
da ogni paura”. La lettura evangelica riporta la confessione di fede che Pietro
fa a nome di tutti gli apostoli: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”,
e la risposta di Gesù: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia
Chiesa…” Il prefazio fa riferimento a questo passaggio quando dice che “Pietro
per primo confessò la fede nel Cristo”, ma subito dopo aggiunge: “Paolo
illuminò le profondità del mistero”. La fede di Pietro è illuminata dal
mirabile magistero di Paolo. Pietro e Paolo sono le colonne della Tradizione
cristiana. Pietro, la roccia sulla quale Cristo ha fondato la sua Chiesa;
Paolo, “il maestro e dottore, che annunziò la salvezza a tutte le genti”
(prefazio).
Il prefazio e le orazioni
della messa delineano il significato ecclesiologico dei due apostoli. Il
prefazio afferma che i santi Pietro e Paolo “con diversi doni hanno edificato l’unica
Chiesa”. E l’orazione dopo la comunione contempla questa unica Chiesa alla luce
delle note che hanno caratterizzato l’ideale della primitiva Chiesa
gerosolimitana: perseveranza nella frazione del pane, nella dottrina degli
apostoli, per formare nel vincolo della carità un cuor solo e un’anima sola. Il
testo fa riferimento a At 2,42 (e paralleli), che descrive la vita della
comunità primitiva come comunione fraterna o koinonia, termine greco che definisce la comunione di fede con Dio
o con Cristo e l’unione profonda tra i credenti che si esprime e si attua nella
fede comune, nell’esperienza eucaristica e nella partecipazione spontanea dei
beni. Questa comunione dei beni esprime tuttavia una realtà più profonda: la
comunione dei cuori e delle anime.
La festa degli apostoli Pietro
e Paolo ci ricorda che la Chiesa è un mistero di comunione. Possiamo quindi
affermare che la missione primaria della Chiesa è quella di essere segno di
comunione nel mondo. Il cristiano deve avere un cuore grande, sgombro di
pregiudizi, un cuore pulito e trasparente, pronto all’incontro e al servizio.
“La Chiesa è famiglia dei figli di Dio, nella quale siamo tutti fratelli […]
essa si accresce nel mistico scambio di tutto ciò che ciascuno è e compie nella
Chiesa” (CEI, Comunione e Comunità,
n. 19).