Perché il linguaggio corporale
possa essere letto dall’uomo contemporaneo, deve avere le radici nel
quotidiano. È indispensabile, perciò, riempire di nuova vita i segni ereditati
dalla tradizione della Chiesa. È necessario che il presidente che guida una
celebrazione con il suo atteggiamento diventi modello, assuma cioè carattere
esemplare per l’assemblea.
La prassi liturgica è stata
influenzata dagli usi e dai costumi delle culture circostanti. Infatti, mentre
la civiltà ellenica ignorava il gesto
della genuflessione, la cultura orientale,
dominata dal monarca despotico, nel suo cerimoniale includeva il gesto
dell’inginocchiarsi, che indicava un rapporto di sottomissione e di schiavitù.
Così si trasferiscono a Cristo, Re e Signore dell’universo, i segni di
sottomissione e di onore tributati all’imperatore.
Certo è che nella storia
dell’ebraismo i gesti che accompagnavano la preghiera sono stati molto vari. Si
entrava nel santuario a piedi nudi e purificati e quindi ci si inginocchiava
prostrandosi fino a terra per esprimere la propria soggezione (Gen 18,2; 19,1;
24,26-27); a volte poi o si piegavano solo le ginocchia (1Re 8,34) oppure ci si
prostrava per terra (Gs 7,6-10).
Era abitudine degli ebrei in
esilio pregare in ginocchio, rivolti verso la città di Gerusalemme. “Le
finestre della sua stanza [di Daniele] si aprivano verso Gerusalemme e tre
volte al giorno si metteva in ginocchio a pregare e lodava il suo Dio, come era
solito fare anche prima” (Dn 6,11).
Se per la tradizione – ebraica
prima e cristiana poi – la posizione normale della preghiera è lo stare in
piedi, è pur vero che essa conosce anche la preghiera in ginocchio o prostrati.
Così si esprime l’adorazione gioiosa. È il senso di
stupore (adorazione, da ad os = portare la mano alla bocca in
segno di meraviglia) che afferra l’uomo che si trova davanti a Dio e alle sue
meraviglie: “Entrate: prostrati, adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che
ci ha fatti” (Sal 95,6). Questa adorazione coinvolge non solo tutto l’uomo, ma
anche tutti gli uomini; è adorazione
universale: “Davanti a me si piegherà ogni ginocchio, per me giurerà ogni
lingua” (Is 45,23; cf. Rm 14,11); “Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fil 2,10); “I ventiquattro anziani si
prostrano davanti a Colui che siede sul trono e adorano Colui che vive nei
secoli dei secoli e gettano le loro corone davanti al trono” (Ap 4,10).
Fonte: Alessandro Amapani, Segni e gesti. Nell’umanità della liturgia
tutta l’umanità di Dio, San Paolo 2017, pp. 51-53.