Assunta di S. Di Stasio (2015)
Ap 11,19a; 12,1-6a.10°; Sal 44 (45); 1Cor 15,20-27°;
Lc 1,39-56
La solennità dell’Assunzione
della Madonna ci invita a celebrare il transito di Maria alla luce del testo
evangelico che la canta quale dimora di Dio, Arca dell’alleanza recante in sé,
nel proprio corpo, la presenza di Dio, e che con il Magnificat fa
memoria del passaggio di Dio nella vita della sua umile serva.
Maria come l’Arca
dell’alleanza è la vera abitazione di Dio sulla terra. San Luca, presentando
Maria in cammino verso la montagna, non può non ricordare il cammino dell’Arca
ai tempi di Davide. Un giorno il re decise di trasportarla da Baalà di Giuda a
Gerusalemme. Durante il cammino Uzzà stese la mano verso l’Arca e la sostenne,
perché i buoi vacillavano, e restò fulminato sul posto. Spaventato, il re
disse: “Come potrà venire da me l’arca del Signore?” (2Sam 6,9). Nel brano
evangelico odierno ascoltiamo Elisabetta che dice: “A che cosa devo che la
madre del mio Signore venga da me?” La somiglianza delle due frasi è evidente.
Vediamo poi che Davide non volle trasferire l’Arca presso di sé, ma la fece
dirottare in casa di Obed-Edom, dove rimase tre mesi e, aggiunge il testo: “Il
Signore benedisse Obed-Edom e tutta la sua casa” (1Sam 6,11). Anche qui
troviamo un parallelismo con l’evento narrato da Luca: Maria portò Gesù e
“rimase circa tre mesi” e così fu benedetta la casa di Zaccaria.
Elisabetta, la sterile, e
Maria, la vergine, si abbracciano nello stupore del Dio che opera ciò che
umanamente è impossibile. Elisabetta aveva lodato Maria. Maria, invece,
riconosce che tutto è opera di Dio e come Maria, la profetessa, sorella di
Mosè, dopo il passaggio del Mar Rosso (Es 15,21), come Anna, dopo il dono della
maternità (1Sam 2,1-10), anche la Madre di Gesù innalza la sua lode
all’Altissimo. Il Magnificat è una bellissima sintesi della storia della
salvezza. Maria si colloca come punto di arrivo di tutto il cammino del popolo
di Dio e come punto di partenza del nuovo popolo. Nel Magnificat si
denuncia la menzogna e l’illusione di coloro che si credono signori della
storia e arbitri del loro destino e si va incontro a chi, come Maria, ha il
cuore carico di amore e l’anima distaccata e libera. Il Dio che si rivela nel Magnificat
è il Dio degli umili, dei poveri, degli affamati, degli ultimi, tra i quali
Maria si riconosce: “ha guardato l’umiltà della sua serva”.
“D’ora in poi tutte le
generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”.
Maria non esalta se stessa, ma il Signore che l’ha eletta a strumento del suo
amore. Questa è la più grande “vittoria” di Maria: essersi lasciata possedere
tutta da Dio, perché egli manifestasse in lei “la potenza del suo braccio”. La
grandezza di Maria appare nel suo celebrare e riconoscere che Dio ha fatto
tutto in lei, mentre lei si è limitata a credere. Maria ha osato credere allo
sguardo di amore di Dio su di lei.
Celebrando l’Assunzione di
Maria dobbiamo collocare questo evento nella “totalità” del mistero di Maria.
Allora potremo percepire che in essa ci sono i destini dell’umanità. Quello che
in lei è ormai una realtà pienamente posseduta, lo sarà un giorno anche per
noi. Maria assunta diventa icona escatologica della Chiesa. In Maria è
anticipato il destino di gloria riservato a tutti i credenti. San Paolo nella
seconda lettura ci ricorda che Cristo è la primizia di questo destino. Maria è la
prima di quella catena di creature che Dio vuole recuperare a sé.