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sabato 15 dicembre 2018

DOMENICA III DI AVVENTO (C) – 16 Dicembre 2018






Sof 3,14-18°; Is 12,2-6; Fil 4,4-7; Lc 3,10-18



Il tema centrale e tradizionale della terza domenica di Avvento è la gioia “perché il Signore è vicino” (seconda lettura), anzi è in mezzo a noi come “salvatore potente” (prima lettura). Infatti è lui che battezza “in Spirito Santo e fuoco” (vangelo); il “fuoco” nella prospettiva di Luca è il simbolo dello Spirito Santo che Gesù comunica ai discepoli a pentecoste. Se il messaggio della seconda domenica di Avvento era un pressante invito alla conversione per far fruttificare in noi il dono della salvezza, oggi siamo invitati alla gioia, frutto del dono della salvezza. Domenica scorsa, il personaggio centrale era Giovanni Battista che invitava a preparare le vie del Signore. Oggi il personaggio centrale è Gesù, datore dello Spirito.

L’Avvento, proiettandoci verso il mistero della presenza salvatrice del Cristo, non può non essere caratterizzato dalla gioia. Quando però fin dal Medioevo l’Avvento aveva assunto un aspetto fortemente penitenziale, questa domenica interrompeva la penitenza e diventava una festa gioiosa, quasi anticipo del Natale ormai vicino. Il senso festivo e gioioso veniva sottolineato da alcuni segni esteriori, quali ad esempio il fatto di indossare per la celebrazione eucaristica i paramenti colore rosa. Ciò è ancora possibile, ma certamente molto meno significativo in quanto l’Avvento ha perso quel forte aspetto penitenziale che lo assimilava alla Quaresima. In ogni modo, la liturgia odierna è contrassegnata da un forte richiamo alla gioia, che viene vista come espressione immediata della fede che riconosce la vicinanza del Signore.

 La gioia cristiana, di cui parliamo, non è vuota, senza senso, ma è fondata sulla presenza di Dio che salva. In questo contesto, possiamo affermare che l’eucaristia è la gioia del nostro pellegrinaggio. Si tratta di una gioia anzitutto interiore, profonda, che si colloca nella sfera della salvezza, nella ricerca sincera di Dio, nella persuasione ferma di averlo come propria eredità, nella certezza incrollabile di poter contare su di lui in ogni evenienza. Questa gioia è misteriosa, perché può coesistere anche col dolore fisico e morale, con l’umiliazione, la tentazione, la solitudine. Paradosso cristiano, espresso in modo sublime da san Francesco d’Assisi quando dice: “E’ tanto il bene che m’aspetto che ogni pena m’è diletto”. L’uomo può essere ricco, pieno di salute e, nonostante tutto, sentire il cuore profondamente insoddisfatto. Se non si è ricchi dentro, ricchi di fede e di speranza, difficilmente si può avere l’esperienza della gioia cristiana. La spiritualità cristiana della gioia però non deve attenuare in noi la partecipazione cordiale ai beni di questo mondo e alla sua condivisione gioiosa con gli uomini, nostri fratelli. Anzi nella condivisione fraterna e gioiosa dei beni di questo mondo si esprimono i frutti della salvezza portata da Cristo, e trovano compimento le parole profetiche: “Lo Spirito del Signore è sopra di me, mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio” (canto al vangelo – Is 61,1).