Ne 8,2-4a.5-6.8-10; Sal 18 (19); 1Cor
12,12-31°; Lc 1,1-4; 4,14-21
La legge fondamentale dell’alleanza, cioè il
Decalogo, nella Bibbia è detta semplicemente “le dieci parole” (Es 34,28; Dt
4,13; 10,4). All’uomo che cerca il perché del mondo, della vita, Dio offre la
sua Parola., che è Parola viva, sicura, indirizzo per la nostra esistenza;
Parola divenuta persona, uno di noi, Gesù il nostro Salvatore. In Cristo Gesù
la legge è stata adempiuta una volta per tutte (cf. Mt 5,17). Perciò per il
cristiano l’osservanza della legge si risolve in un rapporto personale d’amore
con Cristo.
Nelle tre letture odierne, ritorna
ripetutamente il tema della legge/parola di Dio. E’ una legge fatta di
precetti, quella presentata da Esdra ai rimpatriati dall’esilio babilonese
(prima lettura). E’ una legge interiore, come la vita dentro il corpo, che
muove le membra a svolgere ciascuna una missione, quella presentata da san
Paolo ai cristiani di Corinto (seconda lettura). E applicando a noi le parole
di Gesù pronunciate nella sinagoga di Nazaret (vangelo), questa legge interiore
è lo Spirito Santo che è sopra di noi e ci spinge e ci guida ad agire in una
maniera liberante, significativa per noi e per gli altri. Le tre letture
bibliche ci danno l’idea di una legge/parola, che viene via via
interiorizzandosi, fino a diventare uno spirito che si compenetra col nostro
spirito secondo le parole di Gesù: “Lo Spirito del Signore è sopra di me”.
Il Catechismo
della Chiesa Cattolica (n.108) afferma, citando san Bernardo di
Chiaravalle, che “il cristianesimo è la religione della parola di Dio, non di
una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente”. Il Dio della
Bibbia, a differenza degli idoli dei pagani, non è un dio muto. E’ un Dio
vivente, che parla all’uomo in molteplici modi. E’ soprattutto in Cristo che la
parola di Dio prende corpo e si rivolge all’uomo, e da scrittura o semplice
parola diventa persona. Tutte le parole della Bibbia ci parlano di Cristo, come
profezia o come evento. Ha detto bene il grande Dottore della Scrittura, san
Girolamo, che “ignorare le Scritture è ignorare Cristo”. Abbiamo sentito le
parole di Gesù nella sinagoga, che dopo aver letto un brano del profeta Isaia,
si rivolge ai presenti con questa solenne affermazione: “Oggi è compiuta questa
Scrittura che voi avete ascoltato”. Con altrettanta chiarezza, Gesù, la sera
della sua risurrezione appare agli apostoli e dice: “bisogna che si compiano
tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”
(Lc 24,44). In Cristo tutte le promesse di Dio diventano “sì” (cf. 2Cor 1,20).
Nella parola di Dio che viene proclamata ogni
domenica nell’assemblea eucaristica è Cristo stesso che parla a noi, ci si
rivela e ci interpella. Egli continua ad annunziare la buona novella della
salvezza. Per questo l’ascolto e l’accoglienza della Parola diventa sempre
esperienza gioiosa dell’oggi della salvezza. Forse la nostra cultura ha perso
un po’ il senso e il valore della parola e, quindi, anche della parola di Dio.
Forse anche noi la pensiamo come l’imperatore Marco Aurelio che diceva: “il
linguaggio serve per nascondere il pensiero degli uomini”. Non di rado le
nostre parole sono parole vuote, finte, incoerenti con la vita. La parola di
Gesù invece è, come egli stesso ha detto, “spirito e vita” (Gv 6,63).