Pubblicato il 19 gennaio 2019 nel
blog: Come se non
Detto in una parola: una Commissione, che era nata per rispondere e
rimediare ad una afflizione, era diventata invece motivo di afflizione. Nella
storia di 31 anni di vita (1988-2019), la vicenda della Commissione aveva
assunto, progressivamente, aspetti del tutto paradossali. Nata per rimediare
alla frattura con il mondo lefebvriano, era diventata, progressivamente, un
settore della Curia romana nel quale si costruiva una “identità parallela” del
cattolicesimo tradizionalista e con il pretesto di un immaginario “accordo con
lefebvriani”, si pretendeva di spostare continuamente verso di loro la barra
della identità cattolica, soprattutto con un progressivo svuotamento della comprensione
e della efficacia del Concilio Vaticano II. Ma soprattutto a partire dal 2007,
con il Motu proprio “Summorum Pontificum” la Commissione aveva conosciuto il
suo massimo successo, garantito dall’aver accentrato in sé il “controllo
universale” sull’uso del “rito romano in forma straordinaria”. Quando poi, due
anni dopo, la Istruzione “Universae Ecclesiae” aveva stabilito nel dettaglio i
troppo ampi margini di manovra attribuiti alla Commissione, era facile
immaginare che questo provvedimento avrebbe aperto la via ad un processo
inarrestabile di sempre più ampie concessioni, fatte non dalla Chiesa di Roma,
ma dai tradizionalisti della Curia romana, che avevano ottenuto una pericolosa
e troppo ampia autonomia. Sarà utile ricordare un solo punto di questa follia
tradizionalista installata nella Curia romana. Infatti “Universae Ecclesiae”
definiva la entità sufficiente per determinare un “gruppo” avente titolo per
chiedere una celebrazione in “rito antico”. E lo stabiliva nel numero di “tre
richiedenti”, anche se appartenenti a diocesi diverse. Così, tre soggetti,
appartenenti a tre diocesi diverse, potevano “aprire”, in tre diocesi, tre
gruppi “validamente costituiti”. Ma le bugie, come si sa, fanno allungare il
naso e accorciare le gambe. Ora, secondo il motu proprio che entra oggi
in vigore, tutte le competenze di Ecclesia Dei sono spostate ad una Sezione
della Congregazione per la Dottrina della Fede. Sarebbe logico che,
innanzitutto, la Istruzione “Universae Ecclesiae”, essendo destinata ad una
Commissione che non esiste più, venisse abrogata. Per riportare un poco di buon
senso e di onestà in un mondo in cui la fiction ha raggiunto, da troppo tempo,
livelli di guardia. Ad ogni modo, questo passaggio inaugura una nuova
fase nel rapporto con i lefebvriani, ma soprattutto nella applicazione del Motu
Proprio “Summorum Pontificum”, che sta alla radice di questa grande messa in
scena, giunta oggi, finalmente, al sipario finale. Ma forse è solo il sipario
del primo atto della commedia.