Ger 17,5-8; Sal 1; 1Cor 15,12.16-20; Lc 6,17.20-26
Il
salmo responsoriale odierno è il primo salmo del salterio, che può essere
considerato la chiave di lettura di tutta la collezione dei salmi, una vera
introduzione al salterio. Due vie, due destini, due umanità si confrontano: il
giusto che ripone la propria fiducia nella legge del Signore è come un albero
alto che non vede appassire le sue foglie; l’empio invece è arido come pula
dispersa dal vento. Il salmo ci pone di fronte a noi stessi e al conflitto tra
il bene e il male che agita la storia dell’umanità e la vita di ognuno di noi.
Il ritornello ci invita a scegliere la via della salvezza, a porre cioè la
speranza nel Signore; solo in questo modo la nostra vita sarà piena e
fruttifera.
Nel
breve brano di Geremia (prima lettura) ascoltiamo lo stesso messaggio del salmo
responsoriale: “Benedetto l’uomo che confida nel Signore”. Anzi, il salmo
responsoriale riprende le parole di Geremia e le sviluppa con nuove immagini.
Che senso ha confidare nel Signore, porre la legge di Dio al centro della
nostra vita? Che significa scegliere la via non di rado faticosa del bene? “Confidare nel Signore” significa porre
il fondamento dell’edificio della propria esistenza in Dio. Il contrario
equivale a costruire l’esistenza sulla fragilità ed i limiti delle proprie risorse.
Due vie o due possibili scelte. Su questo dualismo legato alle decisioni umane,
si articola anche la struttura delle beatitudini, che il vangelo d’oggi ci
propone nell’originale versione di san Luca.
Le
beatitudini sono l’espressione più genuina del messaggio evangelico, e quindi
possono essere considerate come una sintesi della fisionomia morale del
discepolo di Gesù. Nel testo che ci offre Luca emerge con insistenza
l’esaltazione della povertà che l’evangelista presenta come una chiara esigenza
per colui che intende seguire Gesù. Infatti la prima beatitudine, che definisce
e specifica tutte le altre, inizia con queste parole: “Beati voi poveri…”, e in
seguito: “Beati voi che ora avete fame…” Nella redazione di san Luca, alla
serie delle quattro beatitudini segue poi quella delle quattro maledizioni o
dei quattro “guai”: “Ma guai a voi, ricchi… Guai a voi, che ora siete sazi…”.
La povertà esaltata dalle beatitudini, pur essendo una vera povertà, non è una
misura mortificante di austerità, non è disprezzo dei beni di questo modo;
viene piuttosto presentata come una situazione che diventa segno della
disposizione totale del cuore dell’uomo che intende seguire Gesù povero e
stabilire con lui una vera comunione di vita. Il povero è beato, perché ha le mani
e il cuore aperti all’attesa d Dio, che non delude. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci ricorda che “la vera felicità
non si trova nella ricchezza o nel benessere, né nella gloria umana o nel
potere, né in alcuna attività umana, per quanto utile possa essere, come le
scienze, le tecniche e le arti, né in alcuna creatura, ma in Dio solo, sorgente
di ogni bene e di ogni amore” (n. 1723). E santa Teresa di Gesù afferma: “a chi
possiede Dio non manca nulla: Dio solo basta”.
Si
potrebbe riassumere il messaggio della parola di Dio in questa domenica con le
parole dell’antifona d’ingresso, tratte dal Sal 30: Dio è “mio baluardo e mio
rifugio”, o anche col ritornello del salmo responsoriale: “Beato l’uomo che
confida nel Signore”; chi confida in Lui, non resterà mai deluso. Nel brano
proposto come seconda lettura, san Paolo ribadisce indirettamente questa stessa
dottrina quando afferma che per la potenza di Dio Cristo è risorto e quindi
anche per noi si dischiude la speranza della risurrezione: “Se noi abbiamo
avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di
tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro
che sono morti”. Si tratta sempre di riporre ogni nostra speranza nel Signore.