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sabato 25 maggio 2019

DOMENICA VI DI PASQUA (C) – 26 Maggio 2019






 At 15,1-2.22-29; Sal 66 (67); Ap 21,10-14.22-23; Gv 14,23-29



La prima lettura descrive un momento importante della vita della prima comunità cristiana. I dissensi sorti tra gli apostoli sul modo di procedere con i convertiti dal paganesimo si acuiscono a tal punto che devono essere risolti in un’assemblea che di fatto è stato il primo concilio ecumenico della Chiesa. Radunati a Gerusalemme, gli apostoli trovano un accordo su che cosa si debba imporre ai neo-convertiti dal paganesimo. A noi interessa non tanto la problematica specifica che era in discussione in quel dato momento quanto ciò che il fatto significa. Si tratta della Chiesa terrena che, nata da poco, si confronta con le diverse opinioni sorte nel suo interno, discute i suoi problemi, si dà delle norme e in questo modo si consolida nelle sue strutture. Accanto a questo quadro, la seconda lettura presenta uno squarcio profetico-simbolico della città futura, la Gerusalemme celeste, immagine della Chiesa celeste in cui non ci sono più divisioni e non c’è più bisogno di strutture e di mediazioni, neppure di quelle sacre come il tempio e la fede, “perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello”.

Le due città sono assai diverse. Nella città terrena ci sono i contrasti, le divisioni, il bisogno di confrontarsi e di costruire il consenso talvolta con fatica. La città celeste è invece tutta compatta, unita. Ecco perché la città terrena con le sue strutture, i suoi monumenti e i suoi templi è destinata a perire. Tuttavia, come abbiamo visto la domenica scorsa, la città celeste pur essendo eterna affonda le sue radici nella fragilità della città terrena. Tra le due città c’è corrispondenza e coerenza. Ce lo ricorda il brano evangelico. Mentre sta per lasciare i discepoli, Gesù promette di inviare ad essi lo Spirito Santo: “… egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”. Compito dello Spirito è dunque “insegnare e ricordare” tutto ciò che il Cristo ha detto: non un ricordo ripetitivo, ma un ricordo di approfondimento, creatore di nuovi sviluppi e di rinnovate applicazioni nella fedeltà all’unica esperienza salvifica realizzatasi in Cristo. E’ quindi lo Spirito che ci guida verso la città celeste, è lui a garantire il cammino nella storia della comunità terrena dei discepoli di Gesù. Vediamo infatti che gli apostoli radunati a Gerusalemme in assemblea hanno la consapevolezza di prendere le loro decisioni guidati dallo Spirito: “E’ parso benne allo Spirito Santo e a noi…” Grazie allo Spirito, le diverse componenti del cristianesimo primitivo riunite a Gerusalemme risolvono uno spinoso problema che stava producendo tensioni e divisioni.   

Vicini alla Pentecoste, siamo invitati a riflettere sulla presenza dello Spirito Santo nella vita della Chiesa. E’ lo Spirito che dà slancio alla Chiesa terrena e la indirizza verso i valori definitivi della città celeste. Dimentichi dell’azione dello Spirito, siamo talvolta tentati di banalizzare la vita cristiana riducendola a formule e leggi. La liturgia d’oggi ci ricorda invece che Dio si comunica al mondo solo nell’amore e nell’adempimento della parola di Gesù (cf. canto al vangelo e antif. alla comunione), interpretata però con la luce dello Spirito Santo. Ecco quindi che la città di Dio si realizza nel presente mediante la realtà dell’amore cristiano e per opera dello Spirito Santo. Senza l’azione interiore e nascosta dello Spirito, la Chiesa rischia di essere un raduno di militanti, più che comunione di discepoli.