At 14,21b-27; Sal 144 (145); Ap 21,1-5°; Gv 13,31-33a.34-35
Il Tempo di Pasqua è un tempo di rinascita della vita.
Perciò si addice a questo periodo dell’anno la riflessione sulla novità
cristiana. Questo potrebbe essere l’argomento unificatore delle tre letture
bibliche proclamate oggi. La prima lettura parla delle nuove comunità di cristiani, le prime che sotto l’azione dello
Spirito e per mezzo della predicazione di san Paolo e san Barnaba sorgono al di
fuori del mondo strettamente ebraico. Il brano evangelico ricorda che queste e
le altre comunità cristiane sono chiamate ad esprimere il comandamento nuovo dell’amore vicendevole. La seconda
lettura ci rivela una umanità trasfigurata, la comunità futura, in cui la novità cristiana sarà pienamente
realizzata, una comunità in cui “non vi sarà più la morte, né lutto, né
lamento, né affanno”. Bandito tutto ciò che di negativo avvilisce la vita
dell’uomo, si apre il rinnovamento messianico in una comunione faccia a faccia
con Dio, in una pienezza di vita individuale e comunitaria. La comunità
presente e quella futura sono, però, raccordate da un dato comune, l’amore, di
cui ci parla Gesù nel brano evangelico. Si diventa cittadini della città futura
in forza dell’amore. È per questo che la Gerusalemme celeste ci viene
presentata anche sotto il simbolo della “sposa”.
Il vangelo ci propone la prima parte dei “discorsi di
addio” di Gesù, in cui egli, come un padre che sta per lasciare i suoi figli,
trasmette ai discepoli la sua eredità: “Vi do un comandamento nuovo: che vi
amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi…”. La vera novità di questo
comandamento non è nell’ “amatevi”, ma nel “come
io ho amato voi”. L’amore di Gesù per noi è motivo e misura del nostro
amore per i fratelli. La realizzazione concreta del precetto dell’amore è la
comunione, la comunità. Solo allora le parole di Gesù “amatevi gli uni gli
altri” cessano di essere una espressione astratta. Possiamo affermare che la
qualità del nostro amore è da ricercare nella capacità che noi abbiamo di
condividere la nostra vita con quella dei nostri fratelli, nella capacità cioè
di creare comunione. L’amore di carità però non ha confini e va vissuto con i
vicini e i lontani.
In ogni caso, però, bisognerà aver presente che la
comunità cristiana continua a vivere nella storia e della storia continua a
soffrire tutti i limiti e le ambiguità. Il nostro amore su questa terra resterà
sempre peccatore, le nostre comunità imperfette. L’amore in questo mondo ha una
sua fragilità e un suo limite intrinseci. È necessaria quindi la costanza nel
percorrere gli ideali sublimi che ci vengono proposti dalle parole di Gesù. Ma
è necessaria anche la speranza affinché non si spenga nel nostro cuore il
desiderio di un amore vero, pieno e generoso. Solo così avremo un forte
incentivo per crescere giorno dopo giorno nel dono di noi stessi agli altri. La
dimensione più evidente dell’eucaristia è quella del convito, aspetto che ben
esprime il rapporto di comunione che Dio vuole stabilire con noi e che noi
stessi dobbiamo sviluppare vicendevolmente.