Is 60,1-6; Sal 71 (72); Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12
Gesù è nato in un piccolo
paese, la Palestina sottomessa al potere dell’Impero romano. La sua nascita è
annunciata ad un gruppo di pastori che rappresentano gli umili, gli ultimi di
quel umile e insignificante paese: “Oggi è nato per voi un Salvatore, che è
Cristo Signore” è l’annuncio dell’angelo ai pastori. Apparentemente il mistero
della notte del Natale finisce qui entro i limiti di questo piccolo popolo e di
questi pochi pastori a cui l’evento è annunciato. Invece ecco che oggi questo
annuncio acquista delle dimensioni universali, che vanno oltre i limiti del
popolo palestinese: “Alcuni Magi vengono dall’oriente” ad adorare questo
neonato e gli offrono in dono “oro, incenso e mirra”: l’oro, metallo prezioso
per eccellenza, simbolo della regalità di Cristo; l’incenso, un profumo da
bruciare usato nei riti religiosi, simbolo della sua divinità; la mirra, adoperata
tra l’altro per scopi medicinali, simbolo dell’umanità di Gesù.
Vediamo quindi che gli umili
di Israele e i lontani dell’oriente accolgono il Salvatore. I pastori dopo aver
visto il bambino, dice san Matteo, annunciano agli altri ciò che è stato detto loro
e hanno visto. I Magi ritornano alla loro terra e la tradizione cii dice che
diventeranno i primi evangelizzatori del lontano oriente. Invece, abbiamo
sentito che i capi dei sacerdoti e gli scribi, interrogati da Erode, sanno che
il Messia deve nascere a Betlemme, ma rimangono indifferenti all’evento. Sanno
e possono informarsi con sicurezza dove deve nascere il Messia, ma si tratta di
una conoscenza astratta, che non tocca
la vita.
Quando Gesù rimane
nell’orizzonte del puro sapere, non è riconosciuto come Salvatore. Per
avvertire efficacemente la presenza
salvifica di Cristo, bisogna che il cuore sia sempre disponibile e in
attesa. Allora le tracce del Signore si rivelano e conducono fino a lui.
Diversamente sembrano opache e lasciano nel distacco. Il Verbo di Dio che
appare “nella nostra carne mortale” fissa e attrae chi ha gli occhi della fede,
e la fede è esattamente disponibilità e attenzione, desiderio e domanda. I Magi
si sono messi in cammino, hanno interrogato, cercato, hanno osservato i segni
del cielo, si sono informati sulle Scritture e hanno trovato.
L’Epifania è una festa di
luce, una luce che guida tutti i popoli a Cristo. Di fronte a Cristo che viene,
ciò che conta non è la razza, la cultura o la prudenza umana, ma la
disponibilità del cuore ad accoglierlo e annunciarlo agli altri. L’Epifania
diventa la logica e naturale conclusione del Natale e proietta tutti noi, come
i pastori e come i Magi, sulle strade del mondo per annunciare a tutti gli
uomini le meraviglie di Dio.