Is 49,3.5-6; Sal 39 (40); 1Cor
1,1-3; Gv 1,29-34
Tutta la vita di Gesù può
essere riassunta con le parole del ritornello del salmo responsoriale: “Ecco,
Signore, io vengo per fare la tua volontà”. In questa domenica, che viene dopo
le feste natalizie, siamo invitati a contemplare Gesù, all’inizio della sua
missione, quale fedele esecutore della volontà del Padre.
La prima lettura parla
profeticamente di un misterioso “servo”, scelto da Dio dal seno materno per
salvare Israele, anzi la missione di questo servo del Signore, chiamato “luce
delle nazioni”, ha il compito di portare la salvezza “fino all’estremità della
terra”. I cristiani dei tempi apostolici non hanno faticato e riconoscere nella
vita di Gesù Cristo e nella missione della Chiesa le caratteristiche del “Servo
del Signore” donato per la salvezza dell’umanità. Le attese di Israele trovano
in Cristo il loro compimento. Nella lingua aramaica (parlata da Gesù e da
Giovanni Battista) la parola talya
significa “servo” e “agnello”. Con questa parola usata da Isaia, nel vangelo
d’oggi vediamo che Giovanni Battista indica Gesù, annunciando che egli è il
“servo di Dio”, che libera il mondo dal peccato: Gesù è “l’agnello [servo] di
Dio, colui che toglie il peccato del mondo”, strumento perfettamente docile
nelle mani del Padre per compiere la salvezza del mondo. Attraverso la
testimonianza del Battista viene consolidata la nostra fede in Gesù che è stato
consacrato dallo Spirito Santo come Messia e nel quale siamo invitati a porre
ogni fiducia e speranza perché non c’è altra salvezza se non quella che lui ci
offre.
Credere in Gesù non significa
fare un’esperienza personale puramente interiore e intimista. La Chiesa chiama
Giovanni Battista “testimone della luce” (Secondi vespri, Ant. al Magn.). Come
Giovanni Battista, tutti i seguaci di Gesù siamo chiamati ad essere decisamente
e senza ambiguità testimoni di Cristo “luce delle nazioni” davanti al mondo. La
testimonianza di Giovanni è frutto del vedere e del conoscere: ciascuno di noi
dà di Cristo una testimonianza proporzionata alla vita di fede e di relazione
che intrattiene con lui. Per san Paolo, di cui abbiamo letto il brano iniziale
della prima lettera ai Corinzi, l’esperienza che egli ha avuto della fede è
stata contemporaneamente consapevolezza della chiamata ad “essere apostolo di
Cristo Gesù per volontà di Dio”. Queste parole riassumono l’esperienza della
vocazione di Paolo e riflettono la coscienza che egli ha della propria missione.
San Paolo si considera chiamato da Dio con il compito di far conoscere Gesù
Cristo. Come in Giovanni Battista e come in Paolo, la testimonianza non si
esaurisce nell’annuncio, ma comporta una vita coerente con quanto si crede e si
annuncia. L’opera della salvezza attuata da Gesù continua ora attraverso
l’impegno e la testimonianza di noi tutti.
Quando ci avviciniamo alla
comunione eucaristica, ci viene presentata l’ostia santa con le parole di
Giovanni Battista: “...Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”.
L’eucaristia ci rende partecipi della salvezza portata a termine da Gesù nel
sacrificio della croce, di cui la comunione e partecipazione sacramentale. Al
tempo stesso, nella partecipazione all’eucaristia prendiamo coscienza di essere
coinvolti con Cristo nella salvezza del mondo.