Ml 3,1-4; Sal 23; Eb 2,14-18; Lc
2,22-40
Nel mistero della
Presentazione, Gesù comincia la sua missione nei riguardi del tempio e
dell’intero popolo. Al pari dei profeti, Gesù ha professato per il tempio un
profondo rispetto; vi si reca per le solennità come ad un luogo d’incontro con
il Padre suo; ne approva le pratiche cultuali, pur condannandone lo sterile
formalismo; con un gesto profetico, scaccia i mercanti dal tempio e afferma che
esso è casa di preghiera. E tuttavia annuncia la rovina dello splendido
edificio, di cui non rimarrà pietra su pietra. Gesù stabilisce un culto verso
il Padre “in spirito e verità” (Gv 4,23), un culto non più legato al tempio o a
qualsiasi altra località geografica o sacra. Si tratta del culto che Cristo
compie nell’offerta della sua vita, adempimento efficace e definitivo di tutti
i molteplici sacrifici e riti anticotestamentari.
Il simbolismo della luce,
simbolismo sia natalizio che pasquale, è espresso in modo particolare dal rito
della benedizione delle candele e dalla processione che precede la celebrazione
eucaristica. San Luca vede nell’evento della Presentazione una “manifestazione”
del Signore. La profetessa Anna si unisce a Simeone e annuncia la venuta del
Signore per la salvezza del suo popolo. Gesù è cantato da Simeone come la luce
venuta per rivelarsi “alle genti e gloria del tuo popolo, Israele”. San Cirillo
di Alessandria, a metà secolo V, dice in una delle sue omelie: “Celebriamo il
mistero di questo giorno con lampade fiammeggianti” (Hom. Div. 12).
Nella preghiera di benedizione
delle candele, riprendendo le parole dell’anziano Simeone, Cristo è proclamato
“vera luce di tutte le genti”. Il Discorso di San Sofronio, riportato
dall’Ufficio delle letture, illustra il simbolismo cristologico – salvifico
nonché mariano della luce: “Come infatti la Madre di Dio e Vergine intatta
portò sulle braccia la vera luce e si avvicinò a coloro che giacevano nelle
tenebre, così anche noi, illuminati dal suo chiarore e stringendo tra le mani
la luce che risplende dinanzi a tutti, dobbiamo affrettarci verso colui che è
la vera luce”. Gesù realizza in pieno quanto Dio ha annunciato per mezzo del
profeta: “Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino
all’estremità della terra” (Is 49,6).
Maria è intimamente unita a
suo Figlio nel mistero della Presentazione che preannuncia quello dell’offerta
della sua vita sulla Croce. L’anziano Simeone profetizza a Maria: “E anche a te
una spada trafiggerà l’anima”. L’espressione “e anche a te” unisce strettamente
il destino di Maria a quello del Figlio, mentre il resto le annuncia una
sofferenza che penetrerà in profondità l’intera sua vita, sofferenza che
diventerà ancora più dolorosa quando si troverà ai piedi della Croce. L’evento
della Presentazione e quello della Croce sono messi in rapporto da una omelia
di Abramo di Efeso (secolo VI): “Le parole: ‘E a te una spada trafiggerà
l’anima’, manifestamente preannunciano le cose che accaddero a Maria presso la
croce stessa. Infatti allora la sua anima fu divisa in due come da una spada…”
Tra il ciclo natalizio e quello pasquale, la festa odierna esprime il mistero
della salvezza nel suo insieme. In un sol colpo d’occhio vengono colti l’inizio
e il termine del cammino.