Ger
31,31-34; Sal 50; Eb 5,7-9; Gv 12,20-33
Il
salmo responsoriale è formato da alcuni versetti del Sal 50 o Miserere, salmo che viene recitato tutti
i venerdì dell’anno nella preghiera delle Lodi mattutine. Si tratta di un testo
per metà tenebroso (quando dipinge l’oscurità del peccato) e per l’altra metà
luminoso (quando esalta la luce della grazia). Se il senso della colpa è
vivissimo, più intensa è, però, l’esperienza del perdono, la certezza di avere
un cuore ricreato puro, dono della misericordia di Dio. Si può affermare che il
nostro salmo più che un canto penitenziale, sia la celebrazione della
risurrezione alla vita nello spirito così come è descritta dalla parabola del
figlio prodigo (cf. Lc 15).
Vicini
ormai alla celebrazione della Pasqua, la tematica di questa domenica
quaresimale ci propone il mistero di Cristo che, morendo sulla croce, diventa
principio di salvezza per tutti. E’ Gesù stesso a rivelare il senso salvifico
della sua morte (cf. vangelo). Alcuni greci venuti a Gerusalemme per la festa
della Pasqua, esprimono il desiderio di vedere Gesù. Si tratta di uomini che,
pur non appartenendo al popolo d’Israele, sono timorati di Dio e cercatori
sinceri della verità. Il loro desiderio non è una semplice curiosità, non si
esaurisce in un semplice vedere, ma è un desiderio di conoscere e di credere.
Questi greci vengono presentati dall’evangelista come personaggi emblematici,
che rappresentano in qualche modo tutti coloro che cercano Gesù. Così viene
interpretato dallo stesso Gesù che, vedendo in questi greci il primo frutto
della sua passione, si dilunga in un discorso sulla sua imminente morte
concluso con queste parole: “Io quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti
a me”. E l’evangelista aggiunge: “Diceva questo per indicare di quale morte
doveva morire”. Per mezzo di Gesù, l’uomo che si era allontanato da Dio ritorna
a lui. All’antica alleanza ristretta al popolo d’Israele, succede la nuova e
definitiva alleanza aperta a tutti i popoli.
Questa
“alleanza nuova” è annunciata nel secolo VI a.C. dal profeta Geremia in una
pagina che è uno dei vertici dell’Antico Testamento, proposta oggi come prima
lettura. E’ la sola ed unica volta che una tale espressione ricorre nelle
pagine dell’Antico Testamento. Tre sono i tratti caratteristici di questa nuova
alleanza: l’interiorità (“porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul
loro cuore”); poi la spontaneità della relazione con Dio (“tutti mi
conosceranno, dal più piccolo al più grande”). Infine il perdono del peccato
che ha reso precaria l’antica alleanza (“perdonerò la loro iniquità e non
ricorderò più il loro peccato”). La nuova alleanza è scritta nel cuore. La
morte di Gesù in croce ci insegna che Dio scrive la sua legge nel cuore
dell’uomo amandolo fino all’estremo. L’amore infatti si impone non con la
minaccia della punizione ma con la dolcezza del desiderio.
Il
breve brano della lettera agli Ebrei, proposto come seconda lettura, illustra
la stessa dottrina riscontrata nelle altre letture bibliche. Il dono della
nuova alleanza è fatto persona in Gesù. Nella solidarietà e fedeltà, vissute
nella forma estrema in un contesto di sofferenza mortale, Cristo diventa “causa
di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono”. In altre parole, nel
dono totale di sé al Padre Gesù sancisce la nuova ed eterna alleanza, diventa
quindi il perfetto mediatore tra Dio e gli uomini. La croce ci insegna che
l’efficacia della nostra vita è direttamente proporzionale alla capacità di
dimenticare noi stessi. Nel mistero pasquale di morte e risurrezione si
manifesta l’amore i Dio e si stabilisce l’alleanza nuova, che l’eucaristia
continuamente ripresenta e realizza per noi.