Is 35,4-7°; Sal 145; Gc 2,1-5;
Mc 7,31-37
Il
messaggio racchiuso nelle letture bibliche odierne può essere riassunto con le
parole della lettera di san Giacomo, ascoltate alla fine della seconda lettura:
“Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella
fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?”
In un
momento in cui i figli d’Israele in esilio si sentivano dimenticati da Dio,
oppressi dal potere straniero e abbandonati alla loro sfortuna, Isaia (cf.
prima lettura) rivolge ad essi parole di speranza: “Coraggio, non temete! Ecco
il vostro Dio […] viene a salvarvi”. E tra le opere meravigliose di Dio che
viene a salvare, il profeta include: “si schiuderanno gli orecchi dei sordi”.
Queste promesse di salvezza si compiranno pienamente solo con l’avvento di Gesù
Cristo. Egli stesso si è riferito a questo passaggio di Is 35 per spiegare la
sua missione ai discepoli inviati da Giovanni Battista (cf. Mt 11,4-6). La
guarigione del sordomuto, di cui parla il brano evangelico odierno è uno dei
segni con i quali Gesù si manifesta alle folle come colui che adempie gli
annunci di Isaia e degli altri profeti. Notiamo i dettagli del racconto: Gesù
prende il sordomuto in disparte, gli pone le dita negli orecchi e con la saliva
gli tocca la lingua; poi, teso verso il cielo, emette un sospiro e dice:
“Effatà”, cioè “Apriti”. I gesti compiuti da Gesù assumono qui un ruolo
sacramentale, indicano e vogliono produrre quella salvezza che è dono del
cielo, è annuncio di quanto avverrà ai discepoli, sui quali verrà pronunciata
quella parola “Effatà”. Marco si premura subito di tradurla per farci capire
che Gesù non è un mago che pronuncia parole strane, ma è portatore di salvezza.
La guarigione non passa attraverso gesti strani, esoterici, magici, ma
semplicemente attraverso un contatto che esprime la compassione, l’amore, la
tenerezza di Dio verso colui che soffre. L’evangelista conclude il racconto
della guarigione del sordomuto con queste parole: “…pieni di stupore, dicevano:
‘Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti’!”. Di fronte al
gesto di Gesù la folla non può trattenersi dal riconoscervi i segni dell’azione
di Dio. Nelle opere e nelle parole di Gesù si manifesta la pienezza dell’amore
salvifico di Dio.
Nel mondo attuale, nonostante il moltiplicarsi del
benessere, c’è gente stanca, sfiduciata, disorientata, gente in cerca di
felicità, gente che ha smarrito il senso della vita. Nessuno può vivere senza
speranza. Tutti abbiamo bisogno di un ideale che dia senso alla nostra vita.
Ognuno di noi attende dal futuro qualcosa che sia migliore del presente. Come
Israele nel momento duro della prova, come il sordomuto di cui parla il
vangelo, anche noi siamo chiamati a rivolgere lo sguardo a Dio che manda
all’uomo un messaggio di speranza. Nonostante le apparenze contrarie e
l’apparente trionfo della prepotenza, Dio rende giustizia agli oppressi (cf.
salmo responsoriale). Questo messaggio di ottimismo ci invita a superare tutto
ciò che sa di rassegnazione a quanto mortifica e opprime l’uomo, e ad essere
protagonisti di questa speranza nell’ambiente in cui viviamo: in famiglia, nel
lavoro, nella società. Chiediamo al Signore di poter dire anche noi una parola
di coraggio a tutti gli smarriti di cuore che incontriamo sulla nostra strada,
perché possiamo ripetere con loro le parole del ritornello del salmo
responsoriale che abbiamo pregato: “Loda il Signore anima mia”.