Ger
31,7-9; Sal 125; Eb 5,1-6; Mc 10,46-52
La prima lettura parla del
popolo d’Israele in esilio che viene consolato dalle parole di speranza del
profeta Geremia, il quale annuncia a tutti coloro che “erano partiti nel
pianto” l’intervento salvifico di Dio che li riporterà in patria “tra le
consolazioni”. L’evento, nella rilettura che ne fa la liturgia, diviene la
profezia della grande restaurazione messianica, espressa simbolicamente nel
brano evangelico odierno dalla narrazione della guarigione del povero cieco
Bartimeo, compiuta da Gesù lungo la strada che porta a Gerusalemme. Due
situazioni che illustrano assai bene la condizione della creatura umana alla
ricerca della salvezza. Alla luce del disegno salvifico di Dio, tutti i
personaggi e gli eventi della Bibbia possono essere considerati paradigmatici, cioè
esemplari. In essi possiamo ritrovare noi stessi con i nostri problemi e le
nostre attese.
Prendiamo il personaggio
Bartimeo. È seduto sulla strada a mendicare. Non è neppure in grado di vedere
Gesù. Il cieco però, attraverso la fitta coltre delle tenebre che lo avvolge,
riesce a sentire che Gesù Nazareno è lì di passaggio, e grida fiducioso invocando
da lui pietà. Gesù lo fa chiamare, gli domanda cosa vuole e, alla richiesta del
cieco che chiede di riavere la vista, Gesù lo guarisce con queste parole: “Va,
la tua fede ti ha salvato”. La risposta di Gesù va oltre la richiesta del
povero cieco. Egli grazie alla sua fede, non è solo liberato dalla sua
infermità, ma “salvato”. Il racconto di san Marco si chiude con questa
annotazione: “E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada”. Ormai
Bartimeo vede in Gesù non solo il “benefattore” (Figlio di Davide) capace di
guarirlo, ma anche il Maestro da seguire per la strada. La guarigione di questo
cieco ha quindi una dimensione fisica, ma nello stesso tempo una dimensione
spirituale: è stato liberato dalla cecità per poter diventare discepolo di Gesù.
Il rilievo dato alla fede come causa della guarigione e la sequela da parte di
questo “emarginato” hanno un significato paradigmatico: la salvezza è donata
all’uomo nella fede e nella sequela lungo la strada verso la croce (questo
miracolo è l’ultimo compiuto da Gesù in cammino verso Gerusalemme). Chi
incontra il Cristo, chi si fida di lui, come il cieco Bartimeo, incontra la
salvezza, viene cioè liberato dal suo male. Ma non basta incontrare il Cristo,
occorre mettersi anche al suo seguito e condividere la sorte del Maestro che
porta alla croce ma anche alla risurrezione.
Alla luce della seconda
lettura, che parla di Gesù “sommo sacerdote”, che “è in grado di sentire giusta
compassione” per le nostre sofferenze e debolezze, la guarigione del cieco di Gerico assume le
caratteristiche di un’opera di misericordia con la quale Gesù rivela l’amore
misericordioso del Padre per noi. Da soli non riusciamo a vedere il cammino che
conduce alla salvezza. Incontrare Cristo significa incontrare la luce che illumina
il cammino che conduce alla salvezza attraverso i sentieri tortuosi della vita.