1 Preghiera. Di Mosè, uomo di Dio.
Signore, tu sei stato per noi un rifugio
di generazione in generazione.
2 Prima che nascessero
i monti
e la terra e il mondo fossero generati,
da sempre e per sempre tu sei, o Dio.
3 Tu fai ritornare
l'uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell'uomo».
4 Mille anni, ai tuoi
occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.
5 Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l'erba che germoglia;
6 al mattino fiorisce e
germoglia,
alla sera è falciata e secca.
7 Sì, siamo distrutti
dalla tua ira,
atterriti dal tuo furore!
8 Davanti a te poni le
nostre colpe,
i nostri segreti alla luce del tuo volto.
9 Tutti i nostri giorni
svaniscono per la tua collera,
consumiamo i nostri anni come un soffio.
10 Gli anni della nostra
vita sono settanta,
ottanta per i più robusti,
e il loro agitarsi è fatica e delusione;
passano presto e noi voliamo via.
11 Chi conosce l'impeto
della tua ira
e, nel timore di te, la tua collera?
12 Insegnaci a contare i
nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
13 Ritorna, Signore:
fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!
14 Saziaci al mattino
con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
15 Rendici la gioia per
i giorni in cui ci hai afflitti,
per gli anni in cui abbiamo visto il male.
16 Si manifesti ai tuoi
servi la tua opera
e il tuo splendore ai loro figli.
17 Sia su di noi la
dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l'opera delle nostre mani,
l'opera delle nostre mani rendi salda.
Questo salmo nel titolo viene attribuito
a “Mosè, uomo di Dio” (v. 1); è l’unico salmo del Salterio attribuito a Mosè.
Non si tratta di un dato storico, ma della volontà di porre sotto la sua
paternità una meditazione sorta in un periodo di crisi e di rinascita di
Israele, probabilmente quello del ritorno dall’esilio babilonese. Con questo
capolavoro, per la profondità dei concetti e la forza delle immagini, si apre
il quarto libro del Salterio, il più corto (Sal 90-106). Il centro di gravità
di questi salmi ruota intorno a coloro che proclamano il Signore re. Domina nel
nostro salmo il simbolismo del tempo. Da una parte vi è il riconoscimento della
stabilità di Dio, il suo tempo è l’eternità; dall’altra la constatazione
dell’inconsistenza e fragilità dell’uomo, il suo tempo è breve come un soffio.
La struttura. Il
salmo si apre con una profonda riflessione sulla durevole protezione di Dio
(vv. 1-2). Prosegue con una generale affermazione sulla caducità umana (vv.
3-6). La causa di questa caducità e miseria va ricercata nelle nostre colpe,
che attirano su di noi l’ira di Dio (vv. 7-11). Dopo queste considerazioni, il
salmo si conclude con una richiesta a Dio di mandare il suo conforto e la sua
benedizione (vv. 12-17).
Il contenuto. Il
salmista inizia riconoscendo che il Signore è stato una dimora, un rifugio per
il popolo “di generazione in generazione” (v. 1). Si comincia con la lode di
Dio, affinché tutte le avversità che in seguito accadranno all’uomo sembrino
dovute non alla durezza del Creatore, ma alla colpa della creatura. Dal v. 3 si
sposta la riflessione sull’uomo. Dio è Dio “da sempre e per sempre” (v. 2), ma
gli esseri umani siamo fragili ed effimeri. Creati dalla “polvere” (Gen 2,7),
ad un ordine di Dio alla polvere ritorneremo. D’altra parte, siamo come “erba”
(vv. 5-6) sotto il caldo sole della Palestina: appena cresciuta al mattino,
avvizzisce e muore alla sera. Il tempo di Dio è senza limiti; il tempo
dell’uomo è “come un turno di veglia nella notte”.
Dopo questa descrizione sulla
caducità dell’uomo, si passa senza soluzione di continuità a quella sul fuoco
bruciante dell’ira di Dio (vv. 7, 9, 11).
Ci domandiamo: la brevità e fragilità della vita umana va intesa come
punizione di Dio per i nostri peccati? Qui bisogna dare uno sguardo ad altri testi
della Bibbia, in particolare dello stesso Salterio: “la sua collera [del
Signore] dura un istante, la sua bontà per tutta la vita” (Sal 30,6); “tu,
Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e
fedeltà” (Sal 86,5). L’ira di Dio va interpretata nel contesto della
sollecitudine di Dio per noi, del suo amore per noi, un amore esigente.
Se agli occhi di Dio “mille
anni sono come il giorno di ieri che è passato” (v. 4), che cosa sono i brevi
anni della nostra vita umana: “settanta, ottanta per i più robusti” (v. 10)?
Oggi possiamo aggiornare questi numeri, ma la situazione non cambia, ben
descritta al v. 9: “consumiamo i nostri anni come un soffio”.
Dopo queste considerazioni,
dal v. 12 in poi, il salmo diventa una pressante preghiera di supplica, aperta
da una domanda che racchiude in sé il vero messaggio dell’intero salmo:
“Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio” (v. 12).
Contare i propri giorni, ovvero accogliere la consapevolezza del proprio
limite, della propria morte, è fonte della vera sapienza, quella che dimora nel
cuore umano o lo rinnova costantemente. Riconciliati con i nostri limiti, ci
apriamo al disegno divino e chiediamo: “Ritorna, Signore…” (v. 13). La nostra
caducità si rifugia nell’Infinito. Chiediamo al Signore che abbia pietà di noi,
ci sazi con il suo amore, ci renda la gioia “per gli anni in cui abbiamo visto
il male” e “sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio”. Alla fine del
salmo invochiamo la benedizione del Signore sulle nostre opere: “rendi salda
per noi l’opera delle nostre mani” (v. 17).
Dimensione cristiana.
Sulla fragilità e caducità umana, nel Nuovo Testamento troviamo diversi testi
che confermano quanto afferma il nostro salmo. Gesù nel suo discorso sulla
provvidenza divina, dice, tra l’altro, “chi di voi, per quanto si preoccupi,
può allungare anche di poco la propria vita?” (Mt 6,27). E nelle parabole,
abbiamo quella sul ricco stolto soddisfatto perché ha accumulato molti beni per
il futuro, che si sente dire da Dio: “Stolto, questa notte stessa ti sarà
richiesta la tua vita” (Lc 12,20). San Pietro riprende il v. 4 del nostro salmo
quando invita a non dimenticare che “davanti al Signore un solo giorno è come
mille anni e mille anni come un solo giorno” (2 Pt 3,8). E nella sua prima
lettera, citando Is 40,6-8, afferma: “ogni carne è come l’erba e tutta la usa
gloria come un fiore di campo. L’erba inaridisce, i fiori cadono, ma la parola
del Signore rimane in eterno” (1 Pt 124-25).
Il riconoscimento della
fragilità e della caducità della nostra esistenza di fronte all’infinita
grandezza di Dio, è la condizione prima per stabilire la verità dei nostri
rapporti con Dio nella vita. Ma il Nuovo Testamento, pur affermando questa
nostra radicale caducità, ci ricorda che siamo stati scelti in Cristo secondo
un disegno d’amore: “In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per
essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a
essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore
della sua volontà” (Ef 1,4-5).
Preghiera: O
Dio, tu sei l’immenso e l’eterno, noi invece, polvere, attimo fuggente, fieno
che appassisce; volgiti a noi con la tua grazia, e colmerai di gioia la brevità
delle nostre giornate e la fatica delle nostre povere mani.
Bibliografia: Spirito Rinaudo, I salmi preghiera di Cristo e della Chiesa, Elle Di Ci, Torino-Leumann 1973; Vincenzo Scippa, Salmi, volume 1. Introduzione e commento, Messaggero, Padova 2002; Ludwig Monti, I salmi: preghiera e vita, Qiqajon, Comunità di Bose 2018; Temper Longman III, I salmi, 2018.