At 15,1-2.22-29; Sal 66; Ap
21,10-14.22-23; Gv 14,23-29
La prima lettura descrive un momento importante della
vita della prima comunità cristiana. I dissensi sorti tra gli apostoli sul modo
di procedere con i convertiti dal paganesimo si acuiscono a tal punto che
devono essere risolti in un’assemblea che di fatto è stato il primo concilio
ecumenico della Chiesa. Radunati a Gerusalemme, gli apostoli trovano un accordo
su che cosa si debba imporre ai neoconvertiti dal paganesimo. A noi interessa
non tanto la problematica specifica che era in discussione in quel dato momento
quanto ciò che il fatto significa. Si tratta della Chiesa terrena che, nata da
poco, si confronta con le diverse opinioni sorte nel suo interno, discute i
suoi problemi, si dà delle norme e in questo modo si consolida nelle sue
strutture. Accanto a questo quadro, la seconda lettura presenta uno squarcio profetico-simbolico
della città futura, la Gerusalemme celeste, immagine della Chiesa celeste in
cui non ci sono più divisioni e non c’è più bisogno di strutture e di
mediazioni, neppure di quelle sacre come il tempio e la fede, “perché la gloria
di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello”.
Le due città sono assai diverse. Nella città terrena ci sono
i contrasti, le divisioni, il bisogno di confrontarsi e di costruire il
consenso talvolta con fatica. La città celeste è invece tutta compatta, unita.
Ecco perché la città terrena con le sue strutture, i suoi monumenti e i suoi templi
è destinata a perire. Tuttavia, come abbiamo visto la domenica scorsa, la città
celeste pur essendo eterna affonda le sue radici nella fragilità della città
terrena. Tra le due città c’è corrispondenza e coerenza. Ce lo ricorda il brano
evangelico. Mentre sta per lasciare i discepoli, Gesù promette di inviare ad essi
lo Spirito Santo: “… egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io
vi ho detto”. Compito dello Spirito è dunque “insegnare e ricordare” tutto ciò
che il Cristo ha detto: non un ricordo ripetitivo, ma un ricordo di
approfondimento, creatore di nuovi sviluppi e di rinnovate applicazioni nella
fedeltà all’unica esperienza salvifica realizzatasi in Cristo. E’ quindi lo
Spirito che ci guida verso la città celeste, è lui a garantire il cammino nella
storia della comunità terrena dei discepoli di Gesù. Vediamo infatti che gli
apostoli radunati a Gerusalemme in assemblea hanno la consapevolezza di
prendere le loro decisioni guidati dallo Spirito: “E’ parso benne allo Spirito
Santo e a noi…” Grazie allo Spirito, le diverse componenti del cristianesimo
primitivo riunite a Gerusalemme risolvono uno spinoso problema che stava producendo
tensioni e divisioni.
Vicini alla Pentecoste, siamo invitati a riflettere sulla
presenza dello Spirito Santo nella vita della Chiesa. E’ lo Spirito che dà
slancio alla Chiesa terrena e la indirizza verso i valori definitivi della
città celeste. Dimentichi dell’azione dello Spirito, siamo talvolta tentati di
banalizzare la vita cristiana riducendola a formule e leggi. La liturgia d’oggi
ci ricorda invece che Dio si comunica al mondo solo nell’amore e
nell’adempimento della parola di Gesù (cf. canto al vangelo e antif. alla
comunione), interpretata però con la luce dello Spirito Santo. Ecco quindi che
la città di Dio si realizza nel presente mediante la realtà dell’amore cristiano
e per opera dello Spirito Santo. Senza l’azione interiore e nascosta dello
Spirito, la Chiesa rischia di essere un raduno di militanti, più che comunione
di discepoli.