Il bello sensibile prodotto
dalla creatività dell'uomo è al servizio della gloria di Dio e dell'incontro
salvifico con Dio che i battezzati sono chiamati a vivere. La liturgia ha bisogno
della bellezza non come una sovrastruttura ornamentale ma per sua intrinseca
natura, perché l'“oggetto” stesso che celebra - il mistero di Dio che ha il suo
culmine nella Pasqua di Cristo - è splendore di bellezza.
Come canta un antico inno “ci
ha raccolti in unità l'amore di Cristo”: ecco ciò che conferisce alla liturgia
la sua dimensione estetica. Dio è amore (1 Gv 4,8): questa è la vera
bellezza divina. Ogni liturgia attualizza questa storia d'amore con Dio per
l'umanità. Più che da quello che ci inventiamo, la bellezza della liturgia
scaturisce dall’iniziativa divina, che spazza via tutte le nostre mediocrità e
ci predispone, gli uni accanto agli altri, in vista di un fine che ci supera. La
bellezza nella liturgia non è qualcosa di statico ma di dinamico, vivente: è Dio
stesso presente. La liturgia è il luogo dove la preghiera dà spazio all’irrompere
della bellezza e grandezza di Dio.
Per estensione la liturgia e
splendore di bellezza anche nei “santi segni” della sua ritualità: è bellezza
nei canti, nella musica, nell’arte e nell'architettura sacra, nell'icone,
nell'arredo e nelle vesti liturgiche, nella stessa arte di celebrare.
Fonte: Loris Maria Tomassini, Nel
segno della bellezza. Bellezza, liturgia e sensi spirituali, Cittadella
2022, pp. 53-54.