2Sam 5,1-3; Sal 121; Col 1,12-20; Lc 23,35-43
L’anno liturgico si chiude
con questa domenica, dedicata a Cristo re dell’universo, chiave di lettura del
mondo e della storia. In concreto, la solennità odierna propone la regalità di
Cristo nella sua luce biblica e non in quella sociologica. Bisogna quindi
evitare le ambiguità che hanno talvolta caratterizzato questa festa in un
passato non lontano. Il dominio regale di Cristo si esercita sull’universo e
sugli individui piuttosto che sulle società. Infatti, le letture bibliche
insistono sull’aspetto escatologico, e cioè ultraterreno e spirituale della
regalità di Cristo. “Il Regno non si compirà attraverso un trionfo storico
della Chiesa secondo un progresso ascendente, ma attraverso una vittoria di Dio
sullo scatenarsi ultimo del male” (Catechismo
della Chiesa Cattolica, n. 677).
La prima lettura narra
l’unzione di Davide consacrato a re d’Israele. La figura di Davide prefigura
quella di Cristo, l’Unto per eccellenza (cf I Vespri, ant. Al Magn.). La
dimensione universale e cosmica della regalità di Cristo è celebrata in modo particolare
nell’inno della Lettera ai Colossesi che ci viene proposto come seconda
lettura: “Tutte le cose sono state create per mezzo di lui [Cristo] e in vista
di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono”. Tra l’inno
paolino e la descrizione della crocifissione di Gesù corre un abisso, a prima
vista inconciliabile. Infatti, il brano del vangelo ci ricorda che Gesù
esercita il suo dominio non tramite la forza, ma nella debolezza della croce.
Il potere che Cristo rivendica sull’uomo non è di mondana potenza, ma proposta
di valori liberanti, ai quali chiede un’adesione libera e personale promettendo
a colui che li accoglie, come al buon ladrone del vangelo, la partecipazione al
suo regno: “oggi con me sarai nel paradiso”.
Il regno di Cristo si stabilisce
in “ogni creatura, libera dalla schiavitù del peccato” (colletta). Se vogliamo
quindi che Cristo re eserciti il suo potere sul mondo, dobbiamo anzitutto far
sì che il suo regno si stabilisca dentro di noi, nelle profondità del nostro
essere, da dove prende origine la nostra espressione, la nostra parola, le
nostre opere e il nostro dinamismo interiore. Cristo regna nei nostri cuori
quando “viviamo secondo la verità nella carità e cerchiamo di crescere in ogni
cosa verso di Cristo” (Lodi mattutine, lettura breve: Ef 4,15).
La celebrazione eucaristica
anticipa in noi i doni del regno di Dio. Già nell’Antico Testamento la
comunione tra Dio egli uomini, che caratterizzava l’avvento definitivo del
Messia e del suo regno, viene rappresentata con l’immagine di un banchetto
sacro al quale il Dio di Israele inviterà tutti i popoli (Is 25,6-10). Questa
immagine è ripresa anche dal vangelo nella parabola del banchetto nuziale (Mt
22,1-4; Lc 14,16-24) e delle dieci vergini (Mt 25,1-13; Lc 12,35-38).