Sap 6,12-16; Sal 62; 1Ts
4,13-18; Mt 25,1-13
L’anno liturgico volge
ormai al termine. Le tre domeniche che lo chiudono orientano la nostra
attenzione verso il traguardo delle “cose ultime” (i cosiddetti “novissimi”). Il
tema odierno è la venuta gloriosa e definitiva del Signore alla fine dei tempi.
In questo contesto, siamo invitati a vivere in attesa vigilante. La prima
lettura parla della sapienza che si fa volentieri trovare da coloro che
La vigilanza a cui ci
esorta la parola di Dio oggi è un invito a pensare all’atteggiamento
fondamentale della nostra vita, impegnata nel tempo ma senza mai perdere di
vista l’eternità. Nella seconda lettura san Paolo si rivolge ai primi cristiani
di Tessalonica che soffrono con angoscia per il distacco dai propri cari e
s’interrogano sulla sorte dei defunti. L’apostolo ricorda a questi primi
cristiani la fede nella morte e risurrezione del Cristo, quale premessa e
fondamento della speranza in una vita ultraterrena. Nonostante la morte e al di
là della morte, noi speriamo che la vicenda storica avrà una conclusione
positiva. Non il vuoto ma l’incontro definitivo con il Cristo definisce la
visione cristiana sulla conclusione della vicenda terrena.
Ogni celebrazione
eucaristica di per sé è già partecipazione al banchetto celeste, realizzata
però nel segno sacramentale, nell’attesa cioè della sua completa e definitiva
manifestazione. Ecco perché noi cristiani preghiamo, soprattutto nella
celebrazione eucaristica, per affrettare il ritorno di Cristo dicendogli:
“Vieni, Signore” (1Cor 16,22; Ap 22,17-20).