At
1,1-11; Sal 46; Ef 4,1-13; Mc 16,15-20
Il
racconto dell’evento dell’ascensione del Signore è affidato alla prima lettura,
costituita dai versetti iniziali degli Atti degli Apostoli. Tuttavia, la preoccupazione
maggiore dei brani della Scrittura che vengono proposti oggi alla nostra
attenzione è di dare indicazioni sul senso del tempo che noi stiamo vivendo tra
l’ascensione del Signore e il suo ritorno alla fine dei tempi. Collocando
all’inizio degli Atti degli Apostoli, come alla fine del suo Vangelo, un
riferimento all’ascensione del Signore, san Luca lascia immediatamente
intendere che la missione della Chiesa continua quella di Gesù. Ecco, quindi,
che il messaggio dell’ascensione può essere colto secondo due dimensioni
complementari: da una parte l’ascensione è il punto di arrivo della vita di
Gesù; dall’altra è il punto di partenza della vita della Chiesa. La festa
dell’ascensione del Signore è la celebrazione della partenza-assenza di Cristo
a beneficio della presenza-responsabilità della Chiesa. Nei brani della
Scrittura che ascoltiamo oggi, predomina questa seconda prospettiva. Nella
lettura evangelica, il fatto dell’ascensione appare come lo spartiacque tra
Gesù e la Chiesa, ma nel tempo stesso come l’evento che fonda la continuità tra
le rispettive missioni. La seconda lettura, tratta dalla lettera agli Efesini,
dice la stessa cosa quando afferma che Cristo “asceso in alto […] ha
distribuito doni agli uomini”, e cioè ha comunicato al mondo quella ricchezza
di vita che ha conquistato per sé. Con la fine della sua presenza nel nostro
mondo e la sua conseguente glorificazione presso il Padre, Cristo inizia una
nuova presenza al mondo tramite la missione e la testimonianza affidate ai suoi
discepoli.
Se
il fatto della piena glorificazione di Cristo apre il nostro cuore alla
speranza, la certezza della sua presenza ci dona il coraggio dell’impegno. Non
basta stare a guardare verso il cielo, in attesa degli eventi; il comando del
Signore ai discepoli è chiaro: “di me sarete testimoni […] fino ai confini
della terra”. La speranza cristiana non legittima alcuna fuga dal mondo, dalla
storia. Viceversa, è connaturale alla nostra speranza offrire dal di dentro
della città terrena una concreta testimonianza della città celeste. Per Cristo
l’ascensione è un traguardo raggiunto, per noi ancora un cammino da fare. La
vita del Signore è stata un’esistenza pienamente disponibile al servizio degli
uomini. È percorrendo la stessa strada di Cristo che noi raggiungeremo lo
stesso suo traguardo. È soltanto attraverso la testimonianza di un amore fattivo
che possiamo raggiungere la giusta statura e la piena maturità così da essere
degni di partecipare all’esaltazione di Cristo alla destra del Padre.
Nell’eucaristia
la Chiesa pellegrina sulla terra riaccende continuamente la speranza della
patria eterna (cf. orazione dopo la comunione).